Regia di Steve McQueen (I) vedi scheda film
Dall'omonimo libro memoriale autobiografico, pubblicato da Solomon Northup nel lontano 1853, prende vita un dramma storico che si è a buon diritto guadagnato l'attenzione mediatica e di critica cui è divenuto oggetto alla sua uscita. Non era per nulla semplice portare sullo schermo una vicenda purtroppo analoga a tante altre narrate al cinema e non solo. Penso a titoli affini nelle tematiche, per esempio il drammatico Amistad (1998) o il politico Lincoln (2012), entrambi di Steven Spielberg. Nel primo dei due, oltretutto, compariva lo stesso Chiwetel Ejiofor qui eletto ora protagonista. Una bella coincidenza. Chiudendo la breve parentesi, la tristezza è appunto nel fatto che siano verità documentate, non che qualcuno giustamente scelga di ricordale ai posteri in varie forme. Del resto sono ferite antiche mai del tutto sanate, che sopravvivono persino oggi.
La strada intrapresa in 12 anni schiavo è quella di dare libero sfogo alla presa emotiva derivante dalla ostentazione, o per meglio dire dal non nascondimento, della violenza fisica e psicologica. La brutalità delle immagini non è delle più efferate in assoluto, ma ugualmente potrebbero riuscire a turbare nel profondo la sensibilità dello spettatore. Se nel corso della visione in più occasioni sorge spontaneo il richiamo alla mente de La Passione di Cristo (2004) girato da Mel Gibson, questo non può che confermare la mia idea e convinzione che tale parallelismo fosse voluto.
Il messaggio è tagliente e trafigge il cuore come la lama di un pugnale. Tensione e impegno sono di alto profilo. L'empatia è totale, a patto di essere umani. Il cast compie il suo dovere, con eccellenze. I dialoghi offrono diversi spunti da ragionare e meditare, utili per gli eventuali dibattiti. Ogni fattore è perciò al suo posto, se non per gridare al capolavoro almeno per consigliarlo.
Stati Uniti. Negli anni che hanno preceduto la guerra civile americana, Solomon Northup, un nero nato libero nel nord dello stato di New York, viene rapito e venduto come schiavo. Misurandosi tutti i giorni con la più feroce crudeltà ma anche con gesti di inaspettata gentilezza, Solomon si sforza di sopravvivere senza perdere la sua dignità. Nel dodicesimo anno della sua odissea, l'incontro con un abolizionista canadese cambierà per sempre la sua vita. Tratto da una storia vera.
Si evince una personalità forte, carattere e determinazione, nello stile del racconto e in direzione. Particolare il suo soffermarsi ogni tanto in pause, così immagino, d'inquadrature "riflessive".
La profondità ed espressività degli sguardi di Solomon Northup non lasciano indifferenti. Ottimo.
Feroce e inumano ritratto del violento ubriacone Edwin Epps. Sguazza nella negatività del male.
Un distinto William Ford, sebbene rimanga in secondo piano.
Trasfigurata dal dolore e dall'immedesimazione nella povera Patsey. Premi meritati.
In qualità di produttore, si è riservato per sé il ruolo modesto di Samuel Bass, tanto per partecipare.
L'ho trovata disturbante. Non mi si fraintenda. Hans Zimmer è stato capace nel cercare proprio questo effetto. Voleva sconvolgere. La summa per me è stato il canto "Roll, Jordan, Roll".
Non dovrebbero nemmeno esistere film di questo tipo, se solo l'umanità non fosse capace di simili crudeltà. Purtroppo, invece, sovente la realtà finisce per essere assai peggiore della finzione stessa.
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