Regia di Steve McQueen (I) vedi scheda film
Qualche decennio di film sulla schiavitù può bastare a lavare le coscienze e ad estinguere il debito con il passato? No? Ecco spiegato perchè 12 Anni Schiavo.
Ed ecco (forse) spiegato perché l’Oscar al Miglior film.
A ben riflettere, 12 Anni Schiavo è un film su una precisa e personalissima storia di angheria fra le angherie. Di ingiustizia fra le ingiustizie. Atroce come molte (se non di più, giusta talune scene) altre storie. Ma una storia, nondimeno, personale. Quella di un uomo che nasce libero e patisce 12 anni di schiavitù illegittima. Anni nel corso dei quali conoscerà molti altri suoi simili quanto a identità razziale e condizioni disumane, ma non a condizione sociale di origine. Schiavi. Che non possono vantare diritti, né tanto meno pretesa veruna.
Lui sì, invece. Lui può fare affidamento sulla sua istruzione per parare i colpi bassi della vita con la giusta dose di astuzia e cinismo. Così, mentre le sottrazioni dei figli altrui, le frustate sui dorsi altrui sono ferite agghiaccianti che lasceranno cicatrici indelebili e spegneranno ogni desiderio di vita, la perdita dei “propri” amati figli, come le frustate sulla “propria” pelle, sono, sì, ferite lancinanti, ma come quelle lasciate da un brutto sogno agitato, destinato a cedere la presa allorquando si presenti l’occasione giusta. Quella che consentirà di tornare a condurre una vita da privilegiato.
La riflessione sul dramma della schiavitù non manca di certo nell’ultimo film di S.McQueen, ma è il portato indiretto dell’adozione di un punto di vista inusuale e poco rappresentativo. McQueen pensa a Solomon. E Solomon pensa a se stesso e alla “sua” sfortuna (una sfortuna che reca i tratti straordinari del truce Fassbender, attore feticcio di McQueen).
E di fare i conti con gli scomodi sensi di colpa di una nazione si fa carico lo stesso produttore del film (il telegenico B.Pitt), in un piccolo ruolo impegnato che stona parecchio con il codice etico del tempo, ma che, al contempo, compiace non poco i gusti di buona parte del pubblico (che dall’ampollosa, assolutoria retorica moralista non può proprio prescindere).
A ben vedere, tuttavia, è un incursione preziosa quella del bianco dall’animo nobile, perché introduce un concetto (una verità universale) non nuovo, ma mai valorizzato a sufficienza.
Se la schiavitù era mal vista al nord, ma sacrosanta al sud ciò fu dipeso da un mero fatto… di leggi umane. Di “leggi umane”, lo ripeto.
Ah, quanto male possono fare, allora, le leggi degli uomini! Le leggi di ieri, di oggi e di domani (anche se, in realtà, al solo pensiero del loro possibile contraltare - ovvero le “leggi della natura/di Dio”… così come interpretate dagli uomini, ovviamente - c’è da provare ancora più sgomento).
12 Anni Schiavo è un film potente come le immagini del dolore che riga quasi tutte le inquadrature.
È un film necessario come tutti quelli che, in un modo o nell’altro, vogliono denunciare quanto è (ancora) lungo il cammino verso i più alti valori dell’umanità.
McQueen concede qualcosina a Hollywood, ma mantiene la propria identità artistica. Ergo 3 stelle.
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