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Enemy

Regia di Denis Villeneuve vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Enemy

di NOODLES98
9 stelle

Oso o non oso? Già lo scorso anno, il canadese Denis Villeneuve ci aveva regalato quella perla che era Prisoners, progetto monumentale per durata (più di due ore e mezza) e ampiezza della storia e dei temi trattati (si andava dalla pazzia alla giustizia privata, passando per la crudeltà dell'uomo e lo sgretolarsi di un nucleo famigliare). Ora è tornato con un progetto più piccolo e circoscritto. Una storia quasi intimista, un "documentario sul subconscio di un uomo", a detta del regista, un film corto (non arriva all'ora e mezza) e incisivo, ambiguo e inquietante. Perciò, oso o non oso? Sì, perché Enemy potrebbe essere un capolavoro del cinema moderno, uno di quei film che tra vent'anni si studieranno ancora. E perché si tratta di un capolavoro? Perché ha tutto dentro di sè, tutto ciò che può fare di un film, un grande film: un attore protagonista (Gyllenhaal, in un doppio ruolo) in stato di grazia, un storia avvincente e terrificante, una regia più che ottima e un finale agghiacciante. La discesa negli inferi (e perciò nella mente de(i)l protagonist(i)a) è affrontata con lentezza disarmante, con inquadrature che danno tempo allo spettatore di contemplarne la bellezza e la fotografia che vira continuamente al giallo, ma mai noiosa o a discapito della storia. Che non si tratti di un film tradizionale, lo capiamo subito dall'onirica sequenza iniziale: un gruppo di uomini in un sex club (tra cui uno dei due Gyllenhaal, che non riusciamo subito ad identificare) che osservano una donna nuda che sta per schiacciare una tarantola. Tarantola che rivedremo camminare tranquillamente sopra Toronto, mentre i fili del tram formano un'enorme ragnatela, e che si ritirerà spaventata nell'ultima, terribile, immagine. Non c'è una spiegazione finale, non c'è un'intuizione geniale che chiude il film, e non sarebbe neanche giusto se ce ne fosse una. Tutti i dubbi rimangono allo spettatore, che deve fare i conti con se stesso (come il protagonista del film) per arrivare a una conclusione. Lo stesso Villeneuve si è dichiarato favorevole al fatto che ognuno ci possa vedere ciò che vuole nella sua pellicola. Perciò, potremmo essere razionali e pensare ad un banale scambio di culla, oppure essere più aperti all'eterno flusso di immagini statiche e non che il film ci offre e restarne affascinati, non pensando ad una spiegazione razionale.

 

Come nel miglior Lynch di Strade Perdute, siamo davanti ad un'opera che pone domande, ma non dà risposte, come solo i più grandi riescono a fare. Che cosa significano i ragni che vagano per la metropoli? Come mai i due personaggi sono identici non solamente per caratteri ereditari (hanno in comune anche una cicatrice)? Perché la moglie del "secondo-Jake" è così sconvolta dall'aver incontrato un clone di suo marito? E perché la stessa moglie si trasforma in un ragno spaventato nel finale? Perché, come ha detto lo stesso regista, siamo completamente immersi nella mente di una persona disturbata. Una persona che vive due vite disparate, una persona bipolare. Non esiste un altro Jake, sei sempre tu. E il nostro enemy (=nemico) è noi stessi. E il film è questo: il confronto diretto che si trasforma in una lotta tra le due anime di un uomo. Anime che con l'avanzare della pellicola non riusciamo più a distinugere, finché si uniscono in un tutt'uno durante l'incontro con la madre Isabella Rossellini, al quale segue la suggestiva scena della camminata pacata della tarantola. Jake si sente prigioniero delle donne. E le donne sono i ragni predatori che mangiano l'uomo dopo essersi accoppiate con esso. E siamo messi davanti a una sequela di immagini che richiamano i ragni e, soprattutto, le ragnatele (come i già citati fili del tram o il finestrino rotto). Il protagonista si ritrova davanti al suo più grande nemico, se stesso, e cerca di eliminarlo, e quando finalmente nel finale ci riesce, ricade nella tentazione del sex club dove l'abbiamo visto all'inizio, e così la moglie riacquista sembianze di ragno, ma di un ragno spaventato (se non terrorizzato) da Jake, che rivesta i panni della donna assassina di tarantole della sequenza iniziale. Lui è l'assassino di tarantole. E' lui che non riesce ad avere un rapporto stabile con nessuna delle sue due donne. E' lui che ha strappato la foto di sua moglie incinta per non accettare le sue responsabilità di marito. Ed è sempre lui che, in sogno, vede figure femminili con teste di aracnide. E i titoli di coda fulminei e ironici, che scorrono sulle uniche inquadrature veramente soleggiate dell'intero film, non ci danno neanche il tempo di assimilare ottanta minuti di Viaggio Allucinante. Il professore dice che "ogni errore, nel corso della storia, si ripete due volte", ed è così che farà lui stesso, quando si ritroverà con la chiave del sex club in mano. Almeno, questa è l'opinione personale che mi sono fatto in merito.

 

Se Enemy sia o non sia un capolavoro, ce lo dirà solo il tempo. Ma nel frattempo, siamo certi di essere davanti ad un grandissimo film di uno dei registi più promettenti e visivamente geniali degli ultimi tempi. 

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