Regia di Federico Veiroj vedi scheda film
Qual è esattamente la vida util? Quella che si ciba di cinema, che in esso si annulla ed in esso trova luce e senso, o quella che del cinema può/deve fare a meno, eppure da esso è sempre, costantemente, eterodiretta?
Fedrico Veiroj, giovane cineasta spagnolo nato a Montevideo, elude ogni risposta secca e definitiva, per narrare i possibili duplici coni di una stessa esistenza: il primo, in cui la quotidianità si dipana in una sala buia e nelle sue pertinenze, anche interiori, ed in cui la vita affluisce nel cinema, in un cinema (il padre che chiama durante una proiezione, l’amica, verso cui Jorge prova evidentemente un interesse molto terreno e poco sceneggiato, che si reca alla Cinemateca per un mero stacco dai propri impegni professionali); l’altro in cui, soffocato da problematiche economiche e da un drastico calo dei soci sostenitori, il Cinema si fa da parte, costringendo chi ha sempre vissuto in esso e per esso ad inventarsi simulacri di vita reale, invertendo l’ordine delle cose, o forse rimettendo le cose nel loro ordine naturale (stavolta il padre viene chiamato a casa da un bar, l’amica è raggiunta sul posto di lavoro, ed invitata, indovinate un po’, al cinema - perché non necessariamente la vita deve essere cinema, ma il cinema può nobilitarla, arricchirla, al limite rendere più semplici gli approcci - ).
Jorge Jellinek, attore per caso e per scelta ovvia, già critico cinematografico, regala al personaggio disilluso e resistente di Jorge un sano sgomento che, al di là di un pianto contingente, non cede mai ad una reale disperazione, scavallando dolcemente nei territori dell’ironia (impagabile la lezione di menzogna, partita da una menzogna, ad un pubblico di probabili futuri uomini di legge), scegliendo di lasciarsi alle spalle capelli ed effetti personali legati al periodo della Cinemateca, abbandonandosi ad un balletto, con stile da goffo Fred Astaire ma consapevolezza da incallito cinephile, che, nel prefinale, ancora di più, declama il manifesto intenzionale del film di Veiroj: cinema e vita possono andare a braccetto perché è inutile, ed anche un po’ masochistico, cercare necessariamente la prevalenza dell’uno sull’altra.
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