Regia di Jonathan Teplitzky vedi scheda film
Trascinato da un perfetto Colin Firth, LE DUE VIE DEL DESTINO è una profonda parabola sul perdono... Quasi un controclichè per la settima arte, storicamente "giustizialista" per motivi di box-office.
Con efficace incisività, il regista Jonathan Teplitzky descrive il tormento psicologico del protagonista Eric Lomax, falcidiato da terribili ricordi di tortura sotto la prigionia delle forze giapponesi, che a distanza di parecchi anni scopre che il suo indimenticabile aguzzino è ancora vivo e vegeto...
La storia di Lomax corre sul filo della retorica ma ha dalla sua il pregio di essere estremamente toccante e coinvolgente grazie anche all'autenticità della storia in questione... Difficile non farsi travolgere dall'immedesimazione nei panni del protagonista, a cui il destino pare offrire una (anche meritata) occasione di giustizia dopo una crudele sofferenza collegata a quella che per lui era (e resta) una vera passione (le ferrovie).
Il vizio/rischio di retorica risulta così trascurabile, anzi viene sovrastato dall'alta classe e profonda emotività che contraddistinguono il film... Perchè la veridicità della storia di Lomax ha la prevalenza su quello può essere il lato puramente cinematografico.
Azzeccatissima la scelta come protagonista di Colin Firth, il suo stile tipicamente malinconico si sposa perfettamente con le sofferenze psicologiche del suo personaggio... Prestazione immensa, da considerare anche in chiave Awards.
Bene anche la Kidman, più di contorno alla vicenda ma comunque impeccabile; notevole anche la performance di Hiroyuki Sanada (star giapponese di già nutrita filmografia hollywoodiana), ottimo nel rappresentare il pentimento dell'ex-aguzzino.
Criticamente più bocciato che apprezzato, LE DUE VIE DEL DESTINO è invece a mio giudizio un film pienamente riuscito, grazie a veridicità di racconto e classe di interpretazione... Da non perdere.
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