Regia di Atom Egoyan vedi scheda film
Arkansas, 1994. I cadaveri di tre bimbi scomparsi vengono rinvenuti - affogati nelle acque di un lago, abusati e torturati - in un bosco. Tre adolescenti che frequentano la cultura metal e assumono pose da piccolo manuale del satanismo provinciale sono indicati come colpevoli. Un investigatore privato mette in luce le assurde lacune dell’indagine e cerca d’aiutare i giovani, sacrifici scelti dalla comunità in nome di un delitto che pretende una pena, capri espiatori considerati non innocenti, ma rei fino a prova contraria. Rapportandosi nuovamente a forme di genere (come nell’ultimo Chloe - rifacimento di Nathalie..., giallo lesbochic con patina alla Zalman King e twist hitchcockiano) e rifacendosi a un caso su cui l’America s’è dibattuta (endorsement della Hollywood liberal in favore dei giovani, 4 documentari sul tema: la trilogia Paradise Lost e West of Memphis), Egoyan segue il processo sino alla condanna e incontra nel percorso tutti i topoi della propria poetica d’autore. Un cinema che - da sempre - misura la fallacia della memoria e la dispersione della verità: negata e sospesa, costruita per convenzione sociale, filtrata dai media e manipolata nello storytelling, evocata da feticci silenti, virata in fiabesco. Una verità che qui - in questa storia processuale sbagliata, che s’informa in un catatonico e parodico tv movie giallo da sabato sera estivo su Rai2 - è racchiusa proprio in quel che la ricostruzione cronachistica non riesce a raccontare. Nel suo fallimento.
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