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Paradise: Faith

Regia di Ulrich Seidl vedi scheda film

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La recensione su Paradise: Faith

di alan smithee
8 stelle

Il Paradiso NON può (più) attendere, e l'austriaca Anna Maria, infermiera presso il reparto di radiologia di un grande ospedale, trova il proprio Eden, inteso come ragione di vita e cammino da percorrere a senso unico,  nella "fede". La devozione verso un Cristo muto, marmoreo,  immobile ed inespressivo come non ci è mai stato rappresentato fino ad oggi, verso una croce che la donna adora e rispetta come una divinità pagana e dalla quale ritiene di trarre le regole comportamentali che scandiscono la sua giornata non appena fuori dai ritmi lavorativi: pentimento, flagellazione come via di purificazione, azione di proselitismo spostandosi in utilitaria con le insegne di Radio Maria e con sottobraccio una statua lignea della Madonna da portare di casa in casa. Tutta una routine o quasi per Anna Maria, sorella di quella pingue e bionda Teresa che invece ha trovato il suo Paradiso tra le spiagge e gli amori mercenari kenyoti. Almeno fino al giorno in cui la donna si trova davanti l'ex marito musulmano, che le chiede soccorso e ricovero. Sara' una convivenza che fara' pian piano riaffiorare gli incubi di una unione impossibile finita ormai da tempo, almeno per la donna. Un crollo nervoso che riporta Anna Maria succube delle incertezze che la affliggevano prima della scoperta della fede. Sarà allora il momento della vendetta, della mortificazione da far subire a quella statua immobile che l'ha abbandonata o presa in giro. Lo stile asettico, duro e spietato di Ulrich Seidl ci mostra una società che sopravvive alla follia e alla noia del benessere ormai dato per scontato, prefiggendosi scopi e interessi di vita che diventano ossessioni esclusive e maniacali. Una società che ci fa paura, fatta di automi, di case efficienti, nude e spersonalizzate, di atti sessuali di gruppo consumati tra le siepi di un parco perfetto e geometrico che rasenta la perfezione formale. Come e forse piu ancora di Haneke, Seidl, regista eccezionale e dalla grande personalita', denucia ancor più con questo suo secondo film della trilogia dei "paradisi", la morte della spontaneità,  del pensiero libero da vizi e convenzioni, da manie che diventano ragioni di vita senza le quali si aprono le porte non tanto dell'Inferno (magari!!), ma quelle del vuoto più assoluto, che cancella ogni guizzo vitale e ci annulla nell'apatia e nello sconforto più tetro e devastante.

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