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Tesis sobre un homicidio

Regia di Hernán Goldfrid vedi scheda film

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La recensione su Tesis sobre un homicidio

di OGM
8 stelle

Non i fatti, e non le testimonianze. I veri strumenti di cui dispone il giudice per stabilire la verità sono i dettagli. Sono quei particolari che, nella successione degli eventi, non sono piazzati lì dal caso, bensì dalla concatenazione di causa ed effetto. Sono le tracce tangibili di passaggi intermedi che possono essere i punti di partenza per risalire al prima e al dopo. Così insegna l’avvocato Roberto Bermúdez agli allievi del suo corso di criminologia. Ha appena finito di spiegarlo, quando il suono di sirena, proveniente dal parcheggio sottostante, segnala a tutti i presenti che qualcosa di grave è  successo. A terra giace una ragazza morta. Si scoprirà che è stata violentata ed uccisa. Quel caso, per il protagonista, si trasforma subito in un’ossessione. Qualche dettaglio – che, a dire il vero, ammetterebbe tante diverse spiegazioni – lo convince della colpevolezza di uno dei suoi studenti, con cui è in una certa confidenza, avendolo conosciuto da bambino. L’uomo crede che il delitto sia stato commesso per lanciargli una sfida. La sua indagine imbocca subito quella strada, per non uscirne mai più. Il suo cammino solitario è il tema principale di questo giallo la cui spiegazione, nella mente di Roberto, appare tanto evidente quanto inafferrabile. Per lui è ovvio ciò che gli altri, invece, non capiscono. E, nel frattempo, la realtà si riempie di indizi che sembrano suffragare la sua congettura, senza però fornirne alcuna prova inoppugnabile. La concretezza si mantiene pervicacemente ambigua, pur caricandosi, almeno per Roberto, di un’ammiccante suggestività. Noi, insieme a lui, vediamo il mondo deformarsi sotto l’ombra del sospetto: qualunque riferimento alla morte della povera Valeria Di Natale si stacca dalla casualità per diventare il pezzo di un rompicapo che resta comunque malleabile, adattabile alla percezione soggettiva di chi non punta a scoprire la soluzione del mistero, bensì aspira a costruirne una propria, quella corrispondente all’idea che, istintivamente, se ne è fatto fin dal principio. Passione e cocciutaggine creano il dramma di una visione individuale distorta ed incompresa, che cerca, in maniera sempre più disperata e finanche maniacale, conferme e rassicurazioni laddove il resto del mondo riversa dubbi e sbrigative considerazioni. Fede e scetticismo si confrontano come la fantasia e la razionalità, come chi entusiasticamente crea e chi freddamente critica. Lo slancio dell’immaginazione, sotto la spinta di una buona dose di inquietudine, propone risposte non solo possibili, ma anche probabili, che però sono troppo tagliate su misura per poter essere frutto della complessità del mondo.  Non basta, per avvalorarle, la perfezione logica con cui si presentano agli occhi di qualcuno, alla luce delle sue personali sensazioni ed esperienze. Il regista argentino Hernán Goldfrid ci mette in condizione di condividere in toto quella particolare prospettiva, così nitida, eppure così sfacciatamente personale, che non ammette alternative, per definizione e per carattere. Il romanzo di Diego Paszkowski fornisce alla storia il lucido schematismo di pensiero che ricombina i dati della banalità con le geniali acrobazie del paradosso, e con esito felicemente illuminante. Nel prologo del libro, Justo Navarro scrive:  “Diego Paszkowski ha il gusto dell’avventura e dell’intrigo, generi che, se trattati con ingegno, rendono il fantastico un abituale ingrediente del quotidiano.” E noi aggiungiamo che basta davvero poco, per  riuscire a sconfiggere, con un uso sapiente della semplicità, il duro scoglio del luogo comune.

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