Regia di Martin Lund vedi scheda film
Henrik ha 35 anni, un lavoro nuovo, una bella casa e una ragazza fedele e paziente. Quando lei rimane incinta, però, lui non vuole saperne di tenere il bambino: alle responsabilità di padre preferisce le serate alcoliche, la palestra e le bravate con gli amici.
Opera seconda del norvegese Martin Lund, dopo il prodotto per bambini Knerten giften seg (2010), The almost man è un crudo ritratto di maschio adulto irrisolto dei tempi moderni. Henrik ha tutto per essere un uomo, a partire dall’età, ma farebbe qualsiasi cosa pur di rimanere un eterno adolescente; a mandarlo definitivamente in crisi è la notizia di stare per diventare padre, che comporta fisiologicamente l’abbandono dell’idea di essere il piccolo di casa, quello a cui tutto si può concedere e perdonare. Tone, la sua ragazza, non ha dubbi sulla maternità, ma ragionevolmente ne ha sulle capacità paterne di Henrik; eppure non vuole rinunciare né a lui, né alla creatura in arrivo. Il dramma è latente, ma pronto a esplodere: quando succederà, non si potrà più tornare indietro. È per questo che il finale incomprensibilmente vago della storia lascia parecchio amaro in bocca, non concedendo indizi in alcuna direzione; la sceneggiatura è firmata dallo stesso Lund e procede per gradi, sommando di scena in scena le inadeguatezze, le idiosincrasie, le balordaggini del protagonista, fino a che lo spettatore non potrà più concedergli alcuna scusante. Se lo farà invece Tone, per l’ennesima volta, non è dato sapere (forse anche per colpa di una caratterizzazione poco approfondita). Ottimo Henrik Rafaelsen nei panni del personaggio omonimo; bene anche gli altri interpreti, da Janne Heltberg a Kim Eidhagen, Terje Ranes ed Egil Birkeland. Per quanto non sia un film del tutto riuscito, The almost man dimostra ancora una volta la profondità di analisi sociale e l’intensità dello sguardo psicologico del cinema nordico. 4/10.
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