Regia di Lucía Puenzo vedi scheda film
In Patagonia, nel 1960, il medico nazista Josef Mengele (Brendemühl) si introduce sotto mentite spoglie all'interno di una famiglia che ne subisce il carisma, per sperimentare le sue diaboliche teorie di eugenetica. Un'agente del Mossad (Roger) che si fa passare per una giornalista gli sta dando la caccia e il capofamiglia (Peretti), ignaro della vera personalità del medico, nonostante la diffidenza inziale, viene persuaso a causa della sua passione per la costruzione delle bambole.
Tratto dal romanzo storico della stessa Lucia Puenzo, che nel 2007 aveva firmato il capolavoro XXY, il dramma racconta la banalità del male attraverso uno scorcio di vita dell'Angelo della Morte, latitante in America Latina, con un registro algido e straniato, colori desaturati, dialoghi aspri e un registro a tratti un po' monocorde, privo di un chiaro punto di vista narrativo. Come nell'opera precedente, la regista argentina si mostra interessata a un cinema dei corpi, declinato secondo una prospettiva in cui è ancora la figura paterna a difendere e curare la diversità, rivendicandone il pieno diritto alla normalità.
Per la cronaca, il criminale nazista Mengele torna al cinema dopo numerose precedenti interpretazioni, le più note delle quali rimangono quelle di Laurence Olivier ne Il maratoneta e di Gregory Peck ne I ragazzi venuti dal Brasile.
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