Regia di Marco Risi vedi scheda film
C’è gente che balla il cha cha cha, aspersa di lustrini e frappe smosse da sensualità da balera di provincia e c’è gente che il ballo lo comanda. Dall’alto, da posizioni di privilegio avvolto nel rigore plumbeo dell’alta società che dei lustrini non sa che farsene e il cui potere diventa totalizzante.
Il titolo ironico del bel film di Marco Risi, gioca con il calore freddo del noir metropolitano ed è una bella sorpresa vedere un regista autore di tanto film di impegno civile, attento molto spesso al messaggio piuttosto che alla forma, sporcarsi le mani con una storia che accoglie tutte le sfumature del noir in una Roma notturna, cupa come il cuore dei protagonisti.
Il cinema noir è un filtro del tempo che accoglie nella propria verità narrativa la trasfigurazione in chiave metafisica e filosofica delle nefandezze contemporanee disciolte nelle ombre, nella psicologia dei personaggi che si fanno feticci di quella verità e sulle cui spalle trasportano il peso della storia. Un film di facce, Cha cha cha, quella di Corso, un ottimo Luca Argentero, più Dylan Dog che Marlowe ma più sciupato che sciupafemmine. Torre, Claudio Amendola ispettore forgiato nei sampietrini di Roma e di Roma servitore, braccio secolare del potere esercitato da Stato occulto e occultato da una forma di giustizia di facciata. Michelle, Eva Herzigova ex top model che regge la parte con disinvoltura dell’attrice che perde il figlio e medita vendetta. Pippo Del Bono, l’Avvocato, che quando compare sullo schermo , lo incendia.
Gronda disillusione, Cha cha cha, si aggrappa agli stereotipi del genere e non potrebbe fare altrimenti, ma non si adagia su di essi in cerca di una facile conferma. Si apre a brevi momenti ironici nei quali il colore per un attimo diventa padrone della scena – la vicenda del barista innamorato di una che saltuariamente, batte – per poi sprofondare di nuovo nel magma notturno e monocromatico della città. La violenza è esibita, diretta ma necessaria e priva di autocompiacimento. Argentero completamente nudo che combatte nella penombra contro i sicari farà felice il pubblico femminile ma si rivela una scena scarna e brutale, tutto fuorchè piaciona.
Sceneggiatura di Andrea Purgatori e Jim Carrington con lo stesso Marco Risi che non rinuncia a insinuare sotto pelle i germi di un malessere sociale – la droga, il rapporto genitore figlio, la cieca abnegazione al potere - accordando l’indagine di Corso all’osservazione critica del contesto sociale e politico contemporaneo secondo una propria predisposizione intellettuale e coerentemente con la tradizione dei polizi(ott)eschi degli anni settata, i quali sbattevano i mostri in primo piano e le tensioni sullo schermo senza alcuna vergogna.
La ricerca di Risi è quella del noir agganciato a una storia contemporaneità, storie di sesso, ricatti e delitti, un burattinaio potente, gente che muore male. Si apprezzano le facce, la brusca immediatezza della recitazione, le parole misurate così da non eccedere in verbosi sermoni esplicativi. Il dramma famigliare della perdita di un figlio, da parte di Michelle, si collega alla strana morte di un ingegnere il cui cadavere sfigurato e oggetto dalle attenzioni alimentari di un branco di cani randagi apre il film e dichiara immediatamente il tenore di tutta la pellicola.
Intrecci girati con cura per essere comprensibili e trattati con i giusti tempi per non congelare il film in un crime movie da camera, né per sbragarlo in un pulp liberato da ogni verosimiglianza. E poi un caleidoscopio ben orchestrato e diretto di inseguimenti, spie che spiano e sono spiate, cimici e intercettazioni a mostrare una zona di nessuno, accessibile a pochi, che separa il buio mondo criminale da quello diurno della legalità, limbo quale le azioni perdono ogni etica e bene e male sono intercambiabili in funzione del risultato da raggiungere.
Se un paio di incertezze – e sempre le incertezze provengono dai confronti verbali, solo in un paio di casi, un po’ tirati e didascalici – non inficiano il racconto, l’unico appunto è forse la mancanza di un’originalità, un guizzo che possa far fare il salto di qualità definitivo ad un film comunque buono, divertente e stringato. Ce ne fossero così…..
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