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Pink Floyd. The Wall

Regia di Alan Parker vedi scheda film

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John_Nada1975

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Pink Floyd. The Wall

di John_Nada1975
9 stelle

Difficile molto difficile, dire qualcosa di non scontato e banale su di un opera sulla quale sono stati versati letteralmente, fiumi di inchiostro. Sul disco, e sul film-"concept album" in oggetto che Alan Parker ne trasse tre anni dopo l'uscita dell'album.

Anche dire che è un capolavoro a oltre 40 anni dalla sua distribuzione cinematografica è lapalissiano visto le spessore e livello di ogni sua singola componente;  mentre a distanza di tanti anni è il commento della rivista a stimolare vendetta, oltre che qualche urgente riflessione per chi è consapevole e "fuori dai coretti parrocchiali" di certe cose.

Non è questione di essere sempre "critici", il film venne così liquidato nel commento sovrastante(anche la scheda, fatta solo di una foto del manifesto originale, è davvero inspiegabilmente "povera", per un film del genere che accostare per precisione e perfezione compositiva a Kubrick, non costituisce peccato), perché affronta(va) a fine settanta certi argomenti e temi di pensiero scomodi, spinosi, in una maniera nella quale solo un genio "di sinistra" di badi, neppure di destra come Roger Waters, poteva fare(basti ascoltare il suo primo album da solista del 1984), e che ovviamente non possono piacere a recensori "progessisti" provenienti dalle università del pensiero unico. Prendiamo il pericolosissimo oggi più che mai ma anche all'epoca viste le reazioni, argomento "donne". 

Pochi film(la sceneggiatura poi è stata scritta dallo stesso Waters), sono così neri e pessimisti sulla presenza e distruttività-per la vita del protagonista "Pink" presentata- dell'elemento femminile nella vita dell'individuo(diciamo individuo e non "uomo" fatto e rifinito, adulto e sessualizzato, poiche nell'opera si affronta anche la vita da ragazzino, e il rapporto con la madre da orfano di padre perito in guerra, figura assente e sempre rievocata, oltre che soprattutto con l'istituzione scolastica- impersonata dal celebre professore terribile perché frustrato a casa e perennemente umiliato dalla apocalittica moglie-,ma all'epoca appannaggio soprattutto di insegnanti donne), interessate come la ex moglie, instabili e incostanti pronte a gettarsi nelle braccia del primo ciarlatano arruffapopolo del "pacifismo", o in vendita e pronte a tutto per ottenere l'avvicinamento con il loro "idolizzato" leader musicale, quali le groupie e nella fattispecie nel personaggio immaturo e mercificato di Jenny Wright. O senza profondità, volubili e fragili, come la madre.

Ecco tutto questo solo accennato già bastava all'epoca e oggi non ne parliamo neppure, per mettere il film nell"osservatorio sprezzante del politicamente corretto" dal critico di stretta osservanza della solita questa sì scontata, area di pensiero.

Non parliamo poi della parte finale in cui Pink/Geldof compiuta la sua personale trasformazione a forza di dolore e traumi, frustrazioni e depressione, e fonda il suo proprio partito dalla iconografia, insegne e uniformi, agire, "neonazista",  leaderistico e i cui discorsi e dichiarazioni di intenti sono le stesse canzoni e i concerti, adesso divenuti come adunate politiche di entusiasti giovani adepti, adoratori. Troppo ambiguo e senza adeguata "catarsi" sul male, delle inevitabili forze del "bene" e della democrazia, nessun finale con una chiara nota di presa di posizione, "netta", come piace ai cacciatori da penna e tastiera di streghe e stregoni neri, per poter essere minimamente accettato da costoro, figuriamoci compreso e gradito.

 

John Nada

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