Regia di Steven Soderbergh vedi scheda film
Soderbergh non perde occasione per dimostrare ancora una volta, ormai ad un passo dal suo prematuro, deliberato (e sin troppo fastidiosamente e programmaticamente strombazzato) addio al cinema, come l'indubbia lucidità che lo caratterizza sia in grado di destrutturare e sezionare con perfetto ed asettico "taglio" chirurgico, i dogmi e le regole dell'avvicendamento che caratterizzano questo thriller classico e a suo modo asetticamente avvincente.
Quasi come un inflessibile e freddo matematico, il celebre intelligentissimo registra riesce a dimostrarci, quasi avesse di fronte un teorema da scomporci e ricomporci a suo piacimento o libero arbitrio, come un intrigo che ha alla base un macchinoso ed ingegnosissimo piano a base di sesso, soldi e passioni, ma pure interessi di case farmaceutiche senza alcuno scrupolo, possa assumere un andamento che ne appiana le complessità e ne svela a poco a poco l'intrigo: il tutto procedendo con l'eliminazione di ogni fronzolo narrativo e anzi giocando con incredibile abilità a carte scoperte sin dall'inizio nei confronti del pubblico. Allo spettatore infatti non è celato nulla sin dall'inizio: l'omicidio è chiaro e lampante e non si presta a dubbi di sorta, non a noi almeno che ne assistiamo ad ogni più evidente dinamica: quasi come se noi ci trovassimo in una posizione privilegiata rispetto al corso delle indagini più o meno ufficiose a cui deve ricorrere il nostro ingenuo dinamico protagonista per districarsi da una valanga di accuse anche gravi che lo affliggono dopo aver somministrato un farmaco antidepressivo in fase sperimentale alla sua turbata ed enigmatica paziente assassina.
Sono le dinamiche della vicenda invece ad essere manipolate da un Soderberg per certi versi anche ammirevole (come sempre del resto), che tuttavia proprio non riesce a lasciarsi andare e a spendere un pò di palpito di cuore in nome della ragione e del più freddo premeditato raziocinio. Insomma tanto di cappello, una volta ancora, una volta in più, a questo abilissimo, freddo e cinico cineasta, che tuttavia ha da qualche anno smesso ormai sempre più di interessarmi proprio a causa di questa sua gelida calcolata premeditazione di fondo che uccide ogni spontaneità pur nella sua impeccabile perfezione da manuale.
Circondato da un cast che spesso include attori ormai affezionati e ricorrenti, il film brilla soprattutto per la performance di una Rooney Mara che finalmente riesco ad apprezzare e a conoscere senza i trucchi pesanti e fuorvianti (seppur mecessari) che me l'avevano resa irriconoscibile e non valutabile "singolarmente" nella trasposizione di Fincher del celebre primo romanzo della trilogia Millennium, oltre naturalmente ad un ritrovato Jude Law nuovamente in possesso dello charme da protagonista e di un ruolo sfaccettato e di rilievo che da un po' gli mancava.
Un film strutturato in modo perfetto insomma, ma freddo e glaciale come l'avidità e il cinismo che porta avanti tutta la storia e il complicato ingegnoso intrigo che l'abile regista ci monta e smonta con l'abilità di un lucido spietato inflessibile killer professionista.
Meglio tuttavia, almeno per me, la spiazzante ed imperfetta ambiguità dell'ultimo De Palma, con le sue "passioni" kitch e i suoi controsensi, le sue ambiguità e le sue evidenti imperfezioni ed incongruenze di scrittura: perché almeno quest'ultimo dimostra che il calore della passione e il sangue nelle nostre vene non sono ancora scomparsi del tutto e i sentimenti, per quanto malati, ci governano e disorientano ancora un po'.
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