Regia di Steven Soderbergh vedi scheda film
“Questo nuovo farmaco è una meraviglia: adesso non ho più voglia di passare tutto il giorno a letto, mi è tornato l'appetito, abbiamo persino ricominciato a fare l'amore. Ma che cos'è davvero un antidepressivo? - Qualcosa che impedisce al cervello di far sapere al tuo corpo quanto sei triste.”
New York, oggi. Emily (Rooney Mara) è un'aspirante pittrice rassegnata a fare la barista; incontra il broker rampante Martin Taylor (Channing Tatum), si innamorano e si sposano. Sono giovani, belli, ricchi e felici, tutto va bene, finché a una loro festa si presenta non invitata la Polizia e Martin viene arrestato, e poi condannato, per insider-trading. Niente più splendida villa, né yacht, né frequentazioni al top: Emily è sconvolta dal totale ribaltamento della sua vita; perde anche la bambina che attendeva e decide di farsi aiutare da una psichiatra, la dottoressa Victoria Siebert (Catherine Zeta-Jones). Recuperato un po' di equilibrio si trova un lavoro per tirare avanti e sembra del tutto ripresa quando il marito esce dal carcere 4 anni dopo. Il miglioramento era solo apparente, appena il marito le annuncia di volersi trasferire in un'altra città precipita di nuovo nella depressione e tenta il suicidio. Per non prolungare il ricovero coatto in ospedale psichiatrico Emily accetta di affidarsi alle cure del vice-primario dottor Jonathan Banks (Jude Law); il quale, vedendo che gli psicofarmaci che le ha prescritto non solo non fanno effetto ma danno anche molti problemi, si consulta con la dottoressa Siebert. Dopodiché inserisce Emily nel panel di sperimentazione di un nuovo farmaco, che ha su di lei effetti inizialmente miracolosi. Finché un giorno si sveglia tutta sporca di sangue e con un coltello in mano accanto al cadavere del marito: non ricorda assolutamente nulla di quanto è successo. E il dottor Banks, sconvolto dall'accaduto ed escluso dalla lucrosa sperimentazione, si trova a dover difendere la propria reputazione professionale e l'equilibrio della sua famiglia.
L'unico termine adatto a definire la densissima carriera cinematografica di Steven Soderbergh è “schizofrenica”. Pochi altri sceneggiatori-produttori-registi sono passati con la sua disinvoltura da un manifesto sull'immagine come SESSO BUGIE E VIDEOTAPE (sfolgorante debutto nel lungometraggio e Palma d'Oro 1989) alla biografia decisamente di sinistra (almeno per lo spettatore medio Usa) dei due CHE – L'ARGENTINO e GUERRIGLIA. Ha diretto il suo fido sodale George Clooney sia in impeccabili commedie brillanti stile anni '60 come i tre OCEAN'S 11, 12 e 13 che nella gradevole sciocchezzuola OUT OF SIGHT; ma anche nello spionistico in bianco e nero INTRIGO A BERLINO e nel remake di SOLARIS del russo Tarkovsky. Ha prodotto i serissimi GOOD NIGHT AND GOOD LUCK, SIRYANA e MICHAEL CLAYTON, ma anche commedie intelligenti e divertenti come PLEASANTVILLE, VIZI DI FAMIGLIA e WELCOME TO COLLINWOOD. Ha diretto e valorizzato al massimo attori che prima apprezzavamo più che altro per l'aspetto fisico, facendo vincere un Oscar a Julia Roberts per ERIN BROCKOVICH e mostrandoci con MAGIC MIKE quanto è sconvolgentemente bravo Matthew McConaughey.
Giunto a 50 anni e a ben 27 lungometraggi solo come regista e quasi altrettanti come produttore, ci propone ora questo EFFETTI COLLATERALI che ha decisamente il suo marchio: un film con qualcosa di serio e importante da dire confezionato utilizzando tutti i trucchi dell'artigiano navigato in modo da raggiungere un pubblico appartenente alle più ampie fasce culturali. In TRAFFIC raccontava storie e retroscena del traffico di droga partendo dall'interno della famiglia di chi dei trafficanti era persecutore, qui sembrerebbe voler denunciare la spaventosa diffusione degli psicofarmaci presso gli americani seguendo le storie parallele del medico e della paziente. Ma stavolta il gioco è esasperato e finisce per sfuggirgli di mano.
Ha usato un'ottima sceneggiatura di Scott Burns e come sempre ha curato anche fotografia e montaggio; e qui cominciano i problemi: il film inizia con l'omicidio, tutto il resto viene raccontato con continui avanti e indietro che rischiano di confondere lo spettatore. Ha voluto intrecciare generi troppo diversi mescolando dramma psicologico e sentimental/familiare con dramma forense e infine con thriller economico/giudiziario (impossibile scendere in particolari senza rovinare del tutto la sorpresa) e veramente esagera coi doppi e tripli giochi, coi continui cambi di fronte, con gli innumerevoli colpi di scena. L'unica certezza che ci comunica è che in un mondo con molte più ombre che luci nessuno dei personaggi è “buono”: non la vittima, il marito scarcerato ma per niente pentito, subito pronto a nuovi imbrogli con nuovi soci e nuovi capitali. Non il medico, che si imbarca nella sperimentazione del farmaco sottovalutandone consapevolmente i possibili “effetti collaterali” del titolo, lautamente ricompensato com'è dalla casa farmaceutica produttrice: soldi benedetti, visto che si è appena comprato una casa che non si potrebbe altrimenti permettere. Non l'ambigua dottoressa. Non la povera Emily, colpevole ma non responsabile, forse anche lei vittima; o forse no.
L'ambientazione tutta newyorkese è interessante e ben curata e il cast è decisamente sontuoso: dopo UOMINI CHE ODIANO LE DONNE Rooney Mara non è più una sorpresa, e regge sulle sue spalle esili ma per niente fragili almeno la metà del peso del film. Per questa volta quasi sempre vestito da capo a piedi (per lui è una novità) Channing Tatum si rivela finalmente maturo per parti di un certo spessore. Professionale e affascinante come sempre Jude Law, anche se scarruffato quanto basta. Dietro alla maschera di lifting e botulino, paralizzata e inespressiva da far paura, c'è la 43enne/23enne Catherine Zeta-Jones: se siete suoi fan godetevela finché potete, al prossimo “tiraggio” esplode.
Non siamo ai livelli dell'orrido KNOCKOUT o del penoso CONTAGION, ma date le premesse e le mie grandi aspettative ho purtroppo trovato questo SIDE EFFECTS assolutamente deludente: se davvero dall'anno prossimo Steven Soderbergh ha deciso di abbandonare il cinema mi lascia proprio con un amaro ricordo.
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