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Effetti collaterali

Regia di Steven Soderbergh vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Effetti collaterali

di laulilla
8 stelle

E’ un bel giallo questo film di Soderbergh, ben costruito e sufficientemente teso per tener desta l’attenzione lungo tutta la sua durata. Ci racconta della depressione di una giovane e bella donna, dei tentativi di cura, del suo peggioramento, della somministrazione di psicofarmaci poco sperimentati, forse rischiosi…

 

Emily (Rooney Mara) sembra trarre giovamento dal loro uso, ma gli inquietanti fenomeni di sonnambulismo, da cui è tormentata da quando li assume. potrebbero, per l’appunto, provocare effetti secondari involontari sul comportamento. 

Solo così si spiegherebbero le letali tre coltellate inferte all’amato Martin (Channing Tatum), il marito da poco tornato a casa, dopo quattro anni di galera. 

Che cosa fosse successo fra i due si viene a sapere subito, perché l’inizio del film ci presenta, oltre all’epilogo tragico della loro vicenda, tutti gli antecedenti della loro vita di coppia: matrimonio d’amore, festoso banchetto nuziale all’aperto; Emily al settimo cielo e improvviso arrivo della polizia che circonda Martin e se lo porta via.

E’ accusato di insider trading: speculazioni illecite sui titoli di borsa, condotte utilizzando o diffondendo informazioni illegali. 

Da questo momento ha inizio la lunga vicenda della depressione della giovane: il sogno di felicità distrutto; il ricorso alla psicologa Victoria Siebert (Catherine Zeta-Jones); l’alternarsi di momenti scuri a momenti più sereni, quindi, finalmente, il ritorno di Martin. 

Il problema è, però, che la depressione è ancora lì, a insidiare il loro rapporto, a turbare i rari momenti della loro vita sociale, a mettere in forse la stessa esistenza di lei: un oscuro schianto contro il muro che indica l’uscita di un garage sotterraneo richiede il suo ricovero all’ospedale per sospetta commozione cerebrale, nonché un intervento, forse più qualificato di quello della psicologa, per sospetto tentato suicidio. 

Entra in scena a questo punto un brillante psichiatra, promettente giovane medico di origine londinese, ora a New York - sfondo  dell’intero film - dove ha preso moglie e  fa da padre al bambino di lei. E’ il dottor Banks (perfetto Jude Law), che, essendo consulente dell’industria produttrice di un diffusissimo e molto reclamizzato farmaco tranquillante, non potrebbe, a rigor di conflitto di interessi, consigliarlo o prescriverlo, essendone nota, tra l’altro, la relativa efficacia nei casi di agitazione un po’ troppo euforica, ma ignoto l’effetto sui casi di depressione. 

 


 

 

 

Della vicenda e dei suoi risvolti giudiziari non dirò altro. 

 

Il film è narrato in modo tranquillo ed elegante e mantiene alta la nostra attenzione lungo i 106 minuti della sua durata. 

Il regista colloca la fiction sullo sfondo della società che vive nelle grandi città americane, dove, grazie a una martellante e capillare pubblicità, persino i farmaci e gli psicofarmaci vengono diffusi come surrogati  efficaci della felicità, come antidoti delle angosce e delle paure che travagliano le donne e gli uomini che in quelle città vivono nella più completa solitudine, proprio ciò che è all’origine probabilmente delle loro nevrosi e delle ansie quotidiane. 

Tutti i personaggi, in realtà, sono sfuggenti e sembrano celare una vita molto più torbida e oscura di quella che appare; sembrano nascondere aspetti di sé insospettabili, che lentamente emergono dal profondo della loro psiche, ciò che richiede grande versatilità espressiva e interpretativa, compito non facile, ma secondo me realizzato in modo soddisfacente, sicuramente per le qualità degli attori e  per l'intelligenza della direzione registica. 

Analogamente, sotto le imponenti facciate dei suoi edifici, le magnifiche luci, le immagini rutilanti della sua vita convulsa, New York, a sua volta protagonista del film, nasconde i fantasmi inquietanti delle stazioni buie e solitarie del Metro. 



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