Regia di Fisher Stevens vedi scheda film
Val (Al Pacino) esce di galera dopo ben 28 anni: ad attenderlo c'è il 'collega' dei bei tempi Doc (Christopher Walken), che lo trascina in una nottata di bagordi a base di balli sfrenati (compatibilmente con l'età, non più verde dei due...), sesso e una reunion con un altro elemento della vecchia gang, Hirsch (Alan Arkin), che faceva l'autista durante le loro scorribande e ora è in una casa di cura per anziani. Val, da consumato e scafato gangster, mangia la foglia e capisce che Doc è presente per eliminarlo, poiché egli aveva accidentalmente causato la morte del figlio di Claphands (Mark Margolis), il boss della banda: la vicenda, dopo varie peripezie, dovute più che altro all'età avanzata dei protagonisti, snodi imprevisti e sorprese, arriva al redde rationem!
'Uomini di parola' (in originale 'Stand Up Guys') è uno strambo connubio tra il gangsteristico e la commedia, in cui tutti i potenziali sbocchi violenti vengono declinati al secondo genere in questione, con azzeccate notazioni sul cameratismo e sulla parola data tra criminali, diretto senza particolari guizzi autoriali né ricercatezze formali da Fisher Stevens, molto attivo come attore tanto al cinema quanto in tv e qui all'esordio dietro la macchina da presa.
Il neo-regista, avendo a disposizione tre mostri sacri come Pacino, Walken - i due co-protagonisti - e Alan Arkin, quest'ultimo in un minutaggio più ristretto, e forse anche un po' intimorito dai loro curriculum, punta pressoché tutte le sue fiches sull'interazione tra i tre attori, creando prima dei gustosi duetti tra Pacino e Walken e successivamente in un 'triangolo' con il subentrante Arkin che, lasciato il luogo di degenza, torna in pista per darsi anch'egli alla pazza gioia, per poi uscire di scena in grande stile, dopo una folle corsa con un auto (rubata...), come ai tempi d'oro.
Commedia senile e amara, con grandi rimpianti dei personaggi stretti tra un passato che non tornerà più e un avvenire incerto ma soprattutto breve, 'Stand Up Guys' perde mordente a causa di un prefinale dal sapore dolciastro, che male si confà ai toni fin lì usati, per poi riscattarsi nell'esplosivo finale.
Voto: 6,5.
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