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Uomini di parola

Regia di Fisher Stevens vedi scheda film

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La recensione su Uomini di parola

di supadany
7 stelle

A volte il più è cogliere la palla al balzo.

In questo caso per il regista Fisher Stevens si tratta di dar libero sfogo ai suoi interpreti doc; direi che l’operazione si possa dire riuscita per quanto la commedia tenda ad uscire dai binari, a volte anche con sommi risultati, in altri casi rischiando di esagerare.

Dopo ventotto anni di prigione, Val (Al Pacino) ritrova la libertà ed ad attenderlo fuori dal carcere c’è l’amico di sempre Doc (Christopher Walken) che però ha sulle spalle un enorme peso.

Così, mentre Val riassapora la vita, il tempo stringe, infatti Doc ha l’incaricato di ucciderlo entro poche ore, pena quella di finire lui stesso sotto le mire di un iroso boss in cerca di vendetta.

Sarà una nottata intensa.

 

Christopher Walken, Al Pacino

Uomini di parola (2012): Christopher Walken, Al Pacino

 

Sviluppato in un arco temporale ristretto, con una lunga vita alle spalle, un incontro “primaverile” dopo anni di costretta lontananza (un lungo letargo) che però prevede anche sviluppi lontani dall’amicizia naturale che lega indissolubilmente Val e Doc.

Un breve, ed intessissimo, viaggio a due segnato però anche dalle (grandi) incursioni del mattatore numero tre, mentre sanno di routine le “puntate” del gentil sesso, tutto comunque pensato all’insegna del divertimento, anche estremizzato, senza scordarsi però di quello che circola nella mente, e nel sangue, dei protagonisti ormai segnati, chi dalla prigionia, chi da una vita vissuta solo in apparenza in libertà.

Come detto in apertura, gran parte del peso della pellicola è sulle spalle del fenomale trio di protagonisti; in casi come questo la visione in lingua originale è altamente consigliata per recepire i vezzi vocali degli interpreti.

Al Pacino può andare oltre le righe con istrionismo, Christopher Walken è chiamato a raffigurare emozioni in forte contrasto, mentre Alan Arkin conferma il suo momento di grazia in chiave “allegria” (nello stesso anno ha conquistato i più con la sua performance in “Argo”).

Quanto detto permette al film di figurare assai meglio di altri nel “filone terza età” (rispetto ad un “Last Vegas” è grasso che cola), pur muovendosi non sempre con buoni frutti, lo fa con una certa convinzione alle spalle (il che consente di passare più velocemente su certe debolezze) e soprattutto sorretto dalle interpretazioni, vera e propria anima dello script.

Alla faccia dell’età, movimentato.

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