Regia di Fisher Stevens vedi scheda film
Un malinconico viaggio di riattualizzazione. Una notte, una soltanto, per iniettare in corpi provati e sofferenti l’adrenalina che un tempo pompava nelle vene. Il come non conta, e che si tratti di viagra per un orgasmo multiplo o di qualche farmaco eccitante sniffato al bancone di un bar, di un proiettile ficcato nella mano a uno sfruttatore o di una rapina nel cuore della notte, non fa alcuna differenza. Val esce di prigione dopo 28 anni, Doc lo ha aspettato per tutto quel tempo. Abbandonati dalla vita precedente, gli amici vivono l’ultimo urrà alla grande, come allora. «Stavolta è meglio, perché lo sappiamo apprezzare». E noi con loro, trascinati in una corsa fino all’alba tra locali, bordelli, sparatorie e pause affettive. La commedia criminale grottesca slitta, rarefacendosi. Emergono la solitudine e l’umanità, assieme alle ferite interiori di chi ha perso tutto e di chi è costretto a sacrificare ciò che gli è rimasto. 28 anni prima, infatti, un proiettile sparato da Val aveva ucciso il figlio di un boss durante una rapina. Ora, quel boss pretende che sia Doc a uccidere Val, entro le 10 del mattino, altrimenti a morire sarà la nipote Alex. Christopher Walken nasconde nelle caverne del suo sguardo lo strazio del dilemma, mentre Pacino recupera il tempo perduto e Stevens dosa alla grande le entrate in - e le uscite di - scena (applausi ad Alan Arkin e Julianna Margulies). Il tempo come unità di misura immutabile, eppur dilatabile, al centro di un’opera più profonda di quanto (si) creda.
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