Regia di Takeshi Kitano vedi scheda film
Giochi di spari,violenze,soldi ed economie in crisi.
Yakuza e polizia che danzano in armonia,nelle guerre tra due clan: i Sanno e gli Hanabisha.
E di mezzo un "Toto' Riina" nipponico,Otomo,detenuto a tempo pieno,sguinzagliato come si fa con i leoni in gabbia.
Otomo è un "fantasma" per le Yakuza,è defunto per tutti.
Riappare come un "Lazzaro" resuscitato dalle stanze di potere,dove detective sfacciati dialogano con i mammasantissima ipertatuati.
Otomo è un esperto,conosce ombre,sangue e violenze,è come un restauratore con i tarli d'un vecchio mobile.
I tarli pero' sono gli Yakuza cattivi,contendenti d'un potere maleassortito.Cani da caccia dal grilletto facile,nella Tokio ipertecnologica,densa di luci ed economie allo sfascio.
Otomo scende in campo,a "restaurare" accordi ed alleanze,ad estirpare tarli che "mangiano" soldi,abbuffandosi di potere.
E poi l'immancabile "pula",sottomessa alla malavita,vivente nella zona grigia,quella che abbassa gli occhi,asseconda e si permette affari,con i "manager" del male.
La "ricetta" di "Outrage Beyond" è un piatto ben assortito,un assordante frastuono di (dis)ordini societari nel solco della mala.
L'arzillo Kitano si riveste da Yakuza feroce,nelle vesti d'un primattore onnisciente e onnipresente.
Ogni fotogramma della pellicola è empio di dialoghi,zeppi e contusi di fervore sanguigno.
L'Otomo/Kitano guida la sua barca del Sol Levante,colluso e contuso di crimine.
Regia e interpretazione sono tutt'uno,viaggiano su binari sfalsati,richiedendo un attenzione alle minuzie racchiuse nella storia.
Una vicenda sporca e dura,una velata critica all'ordine poliziesco,che ammette la "mala",come un binario "d'azione" parallelo.
Qui Yakuza e sbirri sono la "stessa cosa",e Kitano lo sa bene,avvolgendo le "tradizioni"a suo uso cinematografico.
Violenza e sangue a fiotti,nel miglior stilema del cinema "Kitanesco".
La retorica e attimi di consunzione ostica e ripetitiva,non intaccano i valori ordinati e lucidi della pellicola.
S'intravede per il resto l'eclettismo e il narcisismo di Kitano.
Uomo,regista,protagonista che riempie spazi di Yakuza e "leggi",rubando la scena al resto dell'allegra comitiva.
Kitano (come sopraelencato) ha le "phisique du rol" d' un Toto' Riina con l'occhio a mandorla.
Un tracagnotto che potrebbe sembrare contadino feudale dell'epoca dei samurai.
Qui si (tra) veste d'eleganza malavitosa,travolge onori e destini,da regista e attore si carica il film sul groppone,lo trasporta e lo travolge con la sua geniale onda d'urto.
Un fiume in piena da puro "action",dove il divertimento è assicurato e non manca per gli "aficionados" di storie gangster.
Vi è il corollario assortito e ripetuto,gia' visto in "Outrage" (2010),e rispruzzato per noi degni spettatori d'un cinema spettacolare,esercitato da un regista eclettico e ispirato.
Il Kitano dona e spazia con la cinepresa,riprende ad ampio spettro,scampoli di "riunioni" e assemble da condominio "Yakuza".
Si permette cosi' il vezzo di conclamare la sua opera come "western" da grattacielo,in sparatorie assordanti e caotiche.
Il suo viso da "contadino feudale" è immancabile,anche nell'ultima scena,con occhio malandrino ed espressione acuta.
Lo "zio" Otomo/Kitano guarda alla telecamera,un primo piano da bambinetto cattivo,beffardo su qualunque cosa,un menefreghista di Yakuza e polizia,"ladro" d'una scena che è "Cosa sua"........
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