Regia di Guillaume Canet vedi scheda film
«La famiglia non si sceglie né si scioglie»
Guillaume Canet trasmigra per la prima volta negli States e mostra ancor di più il suo talento da regista; studia, riprende e parafrasa, seppur senza riuscire ad aggiungere qualcosa di sostanzioso in più.
Non può nascere un film in grado di dettare nuove traiettorie - con il conseguente rischio di passare per ordinario esercizio di (ottimo) stile - ma la lezione retrò trova una summa degna di un talento non sazio e riconoscente verso un cinema alto che sapeva essere prima di tutto alla portata, emozionante ed elegante.
New York, 1974. Chris (Clive Owen) esce dalla prigione e ritrova suo fratello Frank (Billy Crudup), di professione poliziotto senza macchia.
Chris prova a rifarsi una vita, ma è più facile riprendere il malaffare, tra un’ex moglie (Marion Cotillard) e una nuova fiamma (Mila Kunis), Frank prova in ogni modo ad aiutarlo, giocandosi tutto.
Per entrambi, il futuro parrebbe segnato in negativo, ma nel momento di massimo bisogno il legame di sangue può ancora dettare la scelta giusta, l’unica degna di senso.
Blood ties è un film evocativo d’altri tempi, fin dalla fotografia - con un ottimo lavoro d’ambient di Christophe Offenstein - per arrivare allo storytelling che manca di un reale spunto autoctono, ma è anche terribilmente coerente, come ci si aspetterebbe da un’opera firmata da James Gray, nome citato tutt’altro che a caso vista la sua collaborazione alla sceneggiatura.
Sullo sfondo criminoso - con almeno una super sequenza che vede il colpo a un portavalori (Michael Mann docet) – domina il sangue, frutto della violenza, efferata quanto istantanea, ma anche, se non soprattutto, del legame biologico, che non si può cancellare e che delimita le scelte principali, anche a costo di vedere il singolo futuro compromesso, qualora non del tutto annientato.
Aggiungiamoci che la redenzione è socialmente problematica, che il lupo perde il pelo ma non il vizio, che l’appetito vien mangiando e che la giustizia è cieca, e il quadro è completo.
Inoltre, il cast immenso, della serie facciamo a gara per esserci, è un valore aggiunto, qualora non propriamente fondamentale; Billy Crudup, tra i nomi meno famosi, fornisce una gran prova per essenza e volontà, forse la sua migliore di sempre (al pari con quanto fatto in forme diverse per Quasi famosi), Clive Owen non mostra effervescenza ma è solido e affascinante come si confà a un criminale d’alto borgo, il tridente femminile costituito da Marion Cottilard, Mila Kunis e Zoe Saldana è più unico che raro, Matthias Schoenaerts è un volto che richiama il sangue e James Caan rappresenta un legame sincero con il cinema che fu (volendo, si potrebbero citare ancora altri nomi)
In conclusione, Blood ties non propone nulla di miracoloso, ma il suo costrutto è elevato; riesce a essere immersivo come un Mann classico, seppur minore, e con il finale rievoca, sotto mentite spoglie, Carlito’s way, insomma, ha le stigmate del grande film pur privandosi della vera rivelazione personale.
Tra fratelli coltelli, odio, conflitti insanabili, sangue e legami indissolubili, si vola alto (fantasia a parte, quasi del tutto assente).
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