Regia di Sergio Zanetti vedi scheda film
Uomo colto e raffinato, Matteo Argento. Uno che può seguire le conseguenze di una crisi ecologica (sic), abbandonare la dimensione urbana per la tranquillità della campagna, innamorarsi di una donna del luogo, gonfio e tronfio di voglia di natura, di primitivo. Sono queste le passioni elementari che danno il titolo a un’opera che è giusto definire profonda, ma solo perché raggiunge abissi difficilmente sondabili alle voci “inettitudine cinematografica” e “squallore intellettuale”. Non è nemmeno cinema, Passioni, perché del cinema non conosce le regole, giustapposizione di quadretti con ambizioni letterarie e risultati prossimi alla cornice di un porno amatoriale, se amatorialità non fosse una parola nobile e se Passioni non fosse che un’abiezione, decisamente risibile: criptosequel di Il professore, è un’esilarante guida a desideri e perversioni oratoriali, un provinciale delirio piccoloborghese follemente machista e reazionario, che si vorrebbe libertino, e non è repellente solo perché semplicemente ridicolo, abitato da attori che recitano come cani antropomorfi educati a talk show e s’accoppiano come Barbie e Ken nelle mani di un ossesso in astinenza sessuale, attestandosi come incontrastati idoli trash del 2012. Quando ci si sta per abituare all’irresistibile assurdità magnetica di questo oggetto deforme, quando la noia si appresta a vincere le forme sciatte della sordida nullità, il coup de théâtre definitivo: La donna che visse due volte di Hitchcock incontra Alfonso Luigi Marra. Brividi. Le parodie di Maccio Capatonda, a confronto, non sono nulla.
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