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Combat Girls

Regia di David Wnendt vedi scheda film

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La recensione su Combat Girls

di OGM
8 stelle

La xenofobia si impara. Applicando l'educazione ricevuta in famiglia, oppure imitando i giochi tra amici. La pratica dell'odio si inizia da piccoli. Perché il desiderio di esercitare la violenza contro i diversi, i più deboli, gli indifesi è l'istintiva risposta alla durezza che si è subita nell'infanzia, sulla propria pelle oppure tramite l'esempio degli adulti. Il nonno di Marisa è un ex combattente della Wehrmacht, che le ha insegnato l'antisemitismo e l'ha sottoposta ad una sorta di addestramento militare. Il patrigno di Svenja è un uomo freddo e autoritario, che le impone la disciplina con metodi fisicamente e psicologicamente crudeli. Non è un caso se entrambe le ragazze si aggregano alla stessa compagnia di naziskin, partecipando a raduni, di vario genere, ispirati ai proclami propagandistici del Terzo Reich. L'appartenenza al gruppo è un modo per sfidare il mondo intero, contro l'uniformità dettata dai principi democratici, che rende ciascuno irragionevolmente uguale ad ogni altro. Marisa e Svenja sono Kriegerinnen, guerriere, affiliate ad una schiera minoritaria che difende il proprio presunto valore con una battaglia senza leggi né strategie, combattuta in ogni occasione, con i mezzi che, sul momento, sono a portata di mano. Le armi spaziano dalla bocca, che pronuncia uno sdegnoso rifiuto, ad un'automobile che urta una motocicletta, mandandola fuori strada. La ribellione ad una società considerata remissiva e la volontà di affermazione personale confluiscono in un'aggressività che dall'ideologia hitleriana attinge soltanto la carica necessaria a passare all'attacco, senza approfondirne criticamente i contenuti. Questo film presenta il fenomeno dell'estremismo di destra giovanile come una somma di individualismi ugualmente arrabbiati ed ugualmente disordinati, impulsivi, affidati all'improvvisazione. Manca totalmente l'organizzazione a sistema di pensiero, così come la coscienza collettiva: il confronto sui temi della lotta non avviene, e l'unica base comune è l'avversione viscerale nei confronti di un nemico multiforme, che ha tanti nomi (Junkie, Kanake, Asylant, ...) ed è definibile soltanto in maniera generica, come l'insieme degli uomini e delle donne che risultino, per qualche motivo, estranei all'immagine di una Germania eccellente, forte, coesa, saldamente ancorata alla gloriosa tradizione di un popolo vincitore e del tutto autosufficiente. La visione prescinde da qualsiasi analisi storica, e, anzi, respinge a priori ciò che si esprime a parole, per lasciarsi dominare da un non meglio precisato spirito rivoluzionario, che esalta l'azione in quanto tale, soprattutto quella radicale, che va dritta allo scopo, senza passare attraverso la riflessione. Per Marisa e Svenja, l'adesione al movimento implica la chiusura in un entusiasmo arrogante ed autoreferenziale, che si accompagna ad un altezzoso disprezzo per chi non lo condivide (ovvero, secondo la loro interpretazione, è troppo stupido per capirlo). Il loro atteggiamento, ermetico e rigido, ben poco incline al dialogo, è volto ad accentuare la sensazione di essere persone superiori, detentrici di verità indecifrabili ai più. In questo caso, il vezzo femminile si coniuga splendidamente all'orgoglio elitario: sono queste le emozioni da cui scaturisce il gusto di fregiarsi il corpo con un nuovo tatuaggio di significato politico, o di portare singole ciocche di capelli lunghi su una testa quasi completamente rasata. Ma ciò che, più di ogni altra cosa, contraddistingue l'anima della donna all'interno di un contesto prevalentemente maschile e bellicista, è la perdurante, insopprimibile, capacità di amare. Questa corrisponde ad un'esigenza dalle mille sfaccettature, comprendente l'attrazione sessuale, la devozione filiale, l'istinto materno, la solidarietà tra sorelle, la complicità tra amiche. Tutte parentesi di pace, in cui sopravvive un margine di dubbio, un luogo appartato in cui provare a valutare la possibilità di un distinguo, di un'eccezione che non confuta la regola. Per Marisa e Svenja queste eccezioni si chiamano Rasul e Markus. Intanto, dall'altra parte, vigono solo le norme categoriche e inflessibili dei pugni, degli insulti, delle pistole, della vendetta che non guarda in faccia a nessuno.

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