Regia di Robert Stromberg vedi scheda film
La favola La bella addormentata nel bosco è stata tramandata in diverse varianti, da Charles Perrault ai fratelli Grimm, ma una delle versioni più famose è senza dubbio quella del cartone Disney del 1959 che, oltre ad appoggiarsi per la colonna sonora alle arie più celebri dell’omonimo balletto di Cajkovskij, riserva alla strega responsabile del sortilegio del sonno un ruolo preponderante e più attivo rispetto ad altre trasposizioni.
Malefica, la spietata e raffinata fattucchiera cornuta dalla pelle verdastra, è uno dei personaggi malvagi più riusciti ed iconici della filmografia disneyana. Invidiosa, permalosa e potente, essa usa le sue arti oscure per scagliare una terribile maledizione sull’erede al trono di un vicino regno, il cui sovrano si è reso colpevole di non averla invitata ai festeggiamenti per la nascita della principessina Aurora. Questa, dopo essersi punta un dito con l’ago di un arcolaio, sarà indotta a dormire per cento anni, a meno che non giunga un principe a risvegliarla con un bacio d’amore.
Questo film, prodotto anch’esso dalla Disney, si propone di rivelare i retroscena della storia, concentrandosi sulla vicenda personale della strega, mostrando l’accrescersi del suo odio e il perché del suo rancore nei riguardi dell’innocente principessa. Malefica viene presentata come una bellissima fata alata (ma pure sempre dotata di corna) che vive in una valle incantata ai confini del regno degli uomini, popolata da altre creature magiche. Un giorno ella incontra Stefano, un ragazzo smarritosi nella radura e fra i due cresce una tenera e affettuosa amicizia che con l’età si trasforma in qualcosa di più. Ma il cuore di Stefano viene corrotto dall’ambizione e della brama di potere, portandolo a commettere un ignobile tradimento. Ferita nell’animo, oltre che nel corpo, la fata diventa strega e medita vendetta. Tuttavia la sua malevolenza nei confronti degli umani viene addolcita dalla conoscenza della piccola e indifesa Aurora, l’unica a non temerla e per la quale inizia inaspettatamente a nutrire un materno sentimento di protezione.
Angelina Jolie aiutata (ma non troppo) da un trucco perfetto e da effetti speciali mozzafiato con la sua bellezza algida e altera spadroneggia alla grande nei panni di una cattiva coscienziosa, riuscendo a trasmettere con gesti ed espressioni misurate i dubbi e i tormenti di un personaggio ambiguo, che qui viene umanizzato e dotato di sfaccettature inedite e quasi stridenti. Più che di una rivisitazione, si intuisce ben presto di trovarsi di fronte ad un vero e proprio ribaltamento della fiaba, dato che la cattiva non è poi così malvagia e la sua malignità diventa giustificabile alla luce di ciò che ha subito, mentre la crudeltà degli uomini, mostrati come esseri deboli, avidi ed egoisti è imperdonabile e comporta fallimento e distruzione.
È per certi versi anche un racconto che sacrifica il romanticismo classico per esaltare molto la forza femminile di perdonare, amare e proteggere, oltre che di sognare e combattere, tant’è che i ruoli finiscono per invertirsi anche nel momento clou, ovvero quello del bacio che dovrebbe annullare il maleficio. A risvegliare dal sonno la principessa, che ha la grazia delicata e genuina di Elle Fanning, non saranno le labbra imberbi di un acerbo principe, smentendo così anche il canonico mito dell’esistenza di un vero amore a prima vista.
La scialba e monocorde caratterizzazione degli altri personaggi, dall’indolente re Stefano alle tre fastidiose fatine, fa sì che la storia, già in sé poco articolata e divertente, si segua stancamente e con perplessità, non risultando mai troppo appassionante. In compenso a tenere desta l’attenzione dello spettatore meno interessato ci pensano gli splendidi scenari fatati ricostruiti in digitale, nonché gli effetti speciali che valorizzano l’azione e l’aspetto magico della vicenda con delle soluzioni visive davvero molto intriganti, così come lo è la fotografia che esalta luci, ombre e colori.
Se lo stravolgimento dei caratteri, i toni melodrammatici e un certo buonismo imperante fanno storcere un po’ il naso, soprattutto nel finale sin troppo mieloso nel suo risvolto idilliaco, è apprezzabile comunque l’intento di svecchiare la storia e di arricchirla con degli spunti moderni ispirati anche da altri prodotti del genere fantastico, in cui il confine tra eroe e cattivo si assottiglia. Una rivisitazione dunque non priva di fascino, anche se non proprio trascinante per via di un'eccessiva serietà e di un andamento poco scorrevole.
Una vera chicca l’ipnotica versione di Once upon a dream interpretata nei titoli di coda dalla conturbante Lana Del Rey.
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