Regia di Stefano Calvagna vedi scheda film
Duro, durissimo. Nero come la cronaca e le sue scelte. Stefano Calvagna è di nuovo in prima linea con grinta militare e militante. Cronaca di un assurdo normale, titolo ossimorico, ripercorre in tutti i dettagli l’odissea giudiziaria, kafkiana, cominciata una sera di febbraio del 2009 quando l’attore e regista fu gambizzato con sette colpi di pistola. Gli inquirenti non credettero alla sua versione. Varie e pesanti le accuse, 3 anni e 8 mesi la condanna in primogrado per calunnia aggravata, simulazione di reato e porto d’arma. L’accusa: un falso attentato per mettere in mezzo alcuni suoi ex collaboratori. Al centro, vecchie questioni di soldi. Ancora una volta, l’ultimo ultras del cinema italiano sceglie un fattaccio dell’attualità, dopo usura, pedofilia, violenza negli stadi. Storia di piombo e furore, onore e onori della cronaca. Ma questa volta si parla di cose che lo riguardano in prima persona. Calvagna ricostruisce il personale calvario (che lo ha portato a Regina Coeli e agli arresti domiciliari) alla sua maniera, autoriferita, egocentrica, emotiva, girando un film che spiega con insospettabile efficacia fatti e misfatti e la genesi del film stesso. Lo fa attraverso uno stile da soap neorealista, con salti temporali e flashback, ma anche trasferendo a tratti la scena sul palco, per ottimizzare le location e focalizzare gli snodi di un racconto appassionante e complesso. Film di pazzesche facce romanesche alla Sergio Citti. Zero budget, poca ironia e molta buona volontà
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