Regia di Peter Weir vedi scheda film
Bel film, onirico e incentrato sull'irrazionalità e sul fascino dell'inconoscibile. Da gustare e sul quale riflettere.
14 febbraio del 1900, giorno di San Valentino. Nel pieno dell'estate australiana, le allieve dell'esclusivo istituto femminile "Appleyard College", si stanno preparando a vivere una giornata lieta e spensierata: le attende un picnic nei pressi di Hanging Rock, la roccia vulcanica che sorge isolata nella pianura a nord di Melbourne. Senza dubbio giova, preliminarmente alla visione di questo film, leggere il bel romanzo della scrittrice australiana Joan Lindsay dal quale Peter Weir ha tratto la pellicola. Il regista, che s'impose con quest'opera all'attenzione internazionale, è rimasto decisamente fedele al testo della Lindsay. Tornando alla vicenda narrata, la scampagnata fuori porta, tanto attesa dalle aristocratiche signorine dell'"Appleyard College", si risolve ben presto in tragedia: tre di esse e una delle insegnanti che le accompagnavano spariscono misteriosamente durante un'escursione sulla roccia. Solo una di loro verrà in seguito ritrovata in stato confusionale ma non sarà in grado di fornire nessuna indicazione utile alle ricerche delle altre persone scomparse. La storia, ispirata ad un fatto di cronaca realmente accaduto nel 1900, dà adito ad un film che ruota attorno al mistero e al fascino dell'inspiegabile. Il tema portante dell'opera è, senza dubbio, il rapporto o meglio il conflitto tra cultura e natura, la continua sfida dell'uomo nei confronti della propria madre, dell'ambiente nel quale si trova a vivere. La bellezza eterea della protagonista, Miranda (Anne Lambert), contrasta fortemente con l'impenetrabilità e l'ostilità della nera roccia vulcanica che si erge imponente e selvaggia davanti alle ragazze in procinto di tentare una pericolosa scalata. La mdp indugia più volte, anche con effetti ralenti, sul volto botticelliano della bionda Miranda e lo fa ripetutamente anche inquadrando dal basso la spaventosa roccia nera dell'aspetto antropomorfo: le sue protuberanze minacciose assumono l'aspetto di orrendi volti umani. La mancanza di spiegazione rientra perfettamente nell'economia del racconto e del film, autentico cinema del disagio che scava nelle profondità dell'animo umano alla ricerca dei più misteriosi e imperscrutabili anfratti. Bel film, da gustare e in grado di stimolare molti spunti di riflessione. Ottima fotografia di Russell Boyd e musiche appropriate e spesso inquietanti di Bruce Smeaton.
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