Regia di Sophie Chiarello vedi scheda film
Diversi aspetti inducevano a sperare di trovarsi di fronte a qualcosa di diverso dal solito: la meritata ribalta da protagonista - dopo tantissimi ruoli di contorno - per Angela Finocchiaro, l’insolita presenza di Elio (de Le storie Tese) e il ruolo di Giovanni Storti al di fuori del consolidato (ormai ex) trio campione d’incassi (ci sono anche Aldo e Giacomo, ma sono solo brevissime apparizioni).
Purtroppo, Ci vuole un gran fisico si scontra con la realtà e lo svolgimento intrapreso non porta abbastanza frutti, anche se tra le commedie italiane degli ultimi anni non compare nella lista delle peggiori.
Per Eva (Angela Finocchiaro) vale la domanda «come riesce a far tutto? ». Tra famiglia e lavoro, non ha un attimo di tregua, ma è ormai prossima alla soglia delle fatidiche cinquanta candeline da spegnere e improvvisamente sente la terra franare sotto i suoi piedi.
Decide comunque di non arrendersi, combinando anche diversi disastri, con un insolito angelo (Giovanni Storti) giunto in suo soccorso.
Dura la vita per le donne di mezza età. Anche al cinema lo è - forse ancor di più -, per cui il fatto che si trovi uno spazio per rappresentarle, per di più in una commedia di prospettiva femminile, è un merito, tanto più se combacia con l’occasione da protagonista per una stimata professionista qual è Angela Finocchiaro, spesso capace di regalare i momenti più divertenti all’interno di film complessivamente mesti.
Purtroppo, dopo premesse abbastanza interessanti, il film si perde un po’ (tanto) per strada e il ritmo che parte a mille - come il canovaccio quotidiano di Eva che rappresenta – tende ad arenarsi, per finire con il fiato cortissimo.
Infatti, diventa precocemente un’occasione per un susseguirsi di gag, alcune divertenti, altre fin troppo derivative qualora addirittura controproducenti, che diventano preponderanti sullo sviluppo vero e proprio.
Nel suo complesso, rimane invece interessante il cast, ma più di un personaggio appare faticoso. Meglio quindi alcune incursioni estemporanee rispetto alle presenze più frequenti che, girando permanentemente attorno a se stesse, e poco aiutate dall’alto (regia e sceneggiatura), tendono a ripetersi denotando una certa stanchezza.
Alla fine, il film di Sophie Chiarello sembra cercare principalmente il facile consenso (comunque necessario e non ottenuto), ma così facendo cadono i presupposti per cui sarebbe potuto essere un film più interessante del solito e il risultato poco soddisfacente è semplicemente una diretta conseguenza di scelte che deludono le premesse.
Peccato.
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