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Diario di un ladro

Regia di Robert Bresson vedi scheda film

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La recensione su Diario di un ladro

di Peppe Comune
10 stelle

Michel (Martin Lasalle) è un borseggiatore abbastanza bravo che però non trasforma mai la sua destrezza in un miglioramento della sua condizione di vita. Ruba ma non fa fruttare i guadagni delle sue malefatte e tiene pericolosamente la refurtiva con se. Vive in una stamberga, veste sempre trasandato e ha la tristezza stampata sul volto. Sembra non avere interessi se non quello di coltivare la sua abilità con le mani per migliorarsi in una pratica che, prim'ancora di rappresentare un mezzo di sostentamento, ha le fattezze di una sfida lanciata a una società sorda ai richiami della compassione, colpevole di spingere verso il baratro tanti ragazzi talentuosi che non possono esprimersi secondo le proprie capacità (come sembra esprimere il particolare rapporto che instaura con un'ispettore di polizia). Vive solo e vuole restare solo. Ha un amico, Jacques (Pierre Leymarie) , di cui non ascolta mai i consigli, e una madre malata (Dolly Scal) che non va mai a trovare. Poi c'è Jeanne (Marika Green), una ragazza per cui inizia a nutrire un segreto amore, l'oggetto di una redenzione che si posa nel suo animo e che aspetta il momento propizio per mostrarsi con chiarezza.

 

scena

Pickpocket (1959): scena

 

"Questo non è un film poliziesco. L'autore vuole esprimere attraverso immagini e suoni, l'incubo di un giovane uomo spinto dalla sua debolezza al furto, per il quale non è tagliato. Solamente quest'avventura, attraverso sentieri sconosciuti, riunirà due anime che, senza di essa, non si sarebbero probabilmente mai conosciute". Questo è quanto recita la didascalia che precede l'inizio di "Pickpocket", un'altro capolavoro di Robert Bresson. La straordinarietà del film, e di una cifra stilistica assolutamente unica, sta nel suo andamento fintamente anti-narrativo, nel portarci a capire il "cosa è successo", non attraverso la linearità drammaturgica di un normale rapporto di causa-effetto tra le cose che si rappresentano, ma con l'essenzialità e il rigore narrativo di una storia che è volutamente spogliata di ogni elemento formale superfluo, di ogni accadimento che nulla aggiunge ai travagli dell'animo che si intendono rappresentare. L'essenziale è ciò che fa Michel, ciò che esprimono l'insicurezza del suo corpo e la tristezza dei suoi occhi. Lui si muove con le mani e agisce con l'animo e allora è li che bisogna concentrarsi : sulle mani che si muovono svelte per vincere la paura di essere scoperti e sull'inespressività di un volto solcato da una perenne sofferenza. É in questi due orpelli essenziali di un corpo votato al martirio che è possibile scorgere quanto è necessario per capire, non solo la parabola "dostoevskiana" che per i suoi delitti seguirà un castigo, ma che è lui stesso a voler essere fermato : per cominciare a riflettere sul suo destino, iniziare un percorso esistenziale che lo porti, prima a saldare i sui conti con la società degli uomini, e poi a innalzarsi sopra di essa attraverso un cammino spirituale (tipicamente "bressoniano") che lo assolvi dalle sue debolezze terrene ricongiungendolo definitivamente con Jeanne. Credo che"Pickpocket" sia uno dei film che più compiutamente esprima la poetica di Robert Bresson : per la presenza di elementi quali la scarnficazione della materia narrativa e l'uso rivoluzionario del linguaggio cinematografico, caratteristiche fondamentali di un percorso artistico unico e straordinario, ineguagliato e, probabilmente, ineguagliabile. Capolavoro liturgico.

 

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