Regia di Neill Blomkamp vedi scheda film
L’inferno è in terra, il paradiso è un satellite artificiale. La visione del futuro da parte di Neill Blomkamp ci è ben chiara sin dai tempi del folgorante esordio intitolato “District 9”. Un mondo votato all’autodistruzione, in cui vige sempre e comunque la legge del più forte, del più ricco, del più potente. Un luogo dove non può esistere alcuna integrazione e dove la ghettizzazione è l’unica forma di governo possibile. Perlomeno sino al momento della rivolta. “Elysium” tratta le medesime tematiche ma con minore originalità rispetto a quel primo punto di vista alieno. La lotta per la sopravvivenza questa volta è intestina: umani contro umani – ricchi(ssimi) contro pover(acc)i - conflitto ancestrale aggiornato alle estreme conseguenze di una folle sovrappopolazione che ha portato il pianeta al collasso. La salvezza alberga in una stazione orbitante ma ovviamente si tratta di un club elitario a numero chiuso. Un colpo di stato cyberpunk che probabilmente sarebbe piaciuto a William Gibson – i richiami a Johnny Mnemonic sono tutt’altro che casuali – e che il regista sudafricano mette in scena favorendo l’azione roboante rispetto ad implicazioni più intimiste. Regole da blockbuster ma l’intrattenimento c’è ed è di ottimo livello: ritmo forsennato, effetti speciali di grande impatto, cast di primissimo livello. Certo, la tendenza a ripetere determinati concetti non giova alla genuinità del prodotto ma la forza visiva è tale da rapirci ancora una volta, lasciandoci lì imbambolati a guardare le stelle desiderando una vita migliore. Matt Damon e Jodie Foster sono perfettamente funzionali e a loro agio nei panni rispettivamente dell’eroe proletario e del leader politico senza scrupoli ma a lasciare il segno è soprattutto il mercenario psicopatico di Sharlto Copley. Una scheggia impazzita totalmente priva di coscienza.
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