Regia di Sebastian Dehnhardt vedi scheda film
Per gli appassionati di pugilato, i fratelli Vitali e Wladimir Klitschko rappresentano una manna dal cielo. Prodotto del residuale sistema educativo sovietico, il padre era un ufficiale dell’esercito, che si afferma come modello etico e produttivo in un sistema sportivo dominato dallo spettacolo e dal denaro. Inevitabilmente il film di Sebastian Dehnhardt segue la parabola da romanzo di formazione – dalle umilissime origini passando per le crisi e le sconfitte sino all’affermazione definitiva – con un taglio che gli appassionati di Sfide conoscono bene, corretto agli estrogeni di un’idea di action movie tipicamente teutonica. Se dunque filmicamente non ci sono novità – a fare la forza della pellicola è l’umanità dei due fratelli – si segnalano alcune notevoli immagini di repertorio riguardanti il disastro di Chernobyl e Don King che tenta di convincere i due pugili a firmare per lui fingendo di suonare Mozart al pianoforte (sic!). Paradigma di vite esemplari di uomini notevoli (ma Plutarco non c’entra niente), il film pone in parallelo i percorsi dei protagonisti dedicando molto spazio alla scelta di Vitali di impegnarsi nel parlamento ucraino che, a dirla tutta, assomiglia molto al nostro (risse, corruzione e «da noi la gente fa politica solo per i soldi», dice una sua collaboratrice). Klitschko, dunque, funziona come spettacolo e, a suo modo, ricorda che lo sport dovrebbe essere soprattutto una questione
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