Regia di Andreas Marschall vedi scheda film
Fantastico esempio di cinema horror di altissima qualità, che prende spunto da un capolavoro senza tuttavia rimanere al livello di copia. Un aggiornamento sorprendente di un titolo (Suspiria) fondamentale nella filmografia di Dario Argento.
Berlino. Stella (Susen Ermich), aspirante attrice teatrale, non supera un provino di ammissione basato sulla tragedia Elettra di Sofocle ma su consiglio di un esaminatore, favorevolmente colpito dalla esibizione, viene indirizzata presso l'Accademia di recitazione e danza "Matteusz Gdula". L'arrivo non è certo dei migliori, poiché s'imbatte in una studentessa che, sperduta, sembra fuggire dall'edificio. Nemmeno l'accoglienza delle altre allieve avviene nel migliore dei modi. Stella lega, però, con Cecile (Julita Witt) dalla quale apprende che un'ala segreta dell'istituto è riservata ad una pratica di insegnamento estremo. Indagando su internet la ragazza scopre che nel 1973 un fatto di sangue con massacro di massa, aveva portato alla luce l'attività criminale condotta da Matteusz Gdula: più che insegnare l'uomo, facendo uso di droga e violenza, abusava degli alunni inducendoli in un alterato stato di dipendenza psicologica. Intanto fatti violenti avvengono nei dintorni della scuola: vengono uccise, con appuntiti stiletti, due allieve (una era quella incontrata da Stella all'arrivo); poi un giornalista che si è introdotto nell'area segreta della struttura.
"Keith Johnstone dice che entriamo in una sorta di trance quando mettiamo una maschera, per un momento siamo impossessati da lei. Chaplin non sapeva nulla dei vagabondi, prima di mettersi il costume di vagabondo: il suo travestimento si impossesso' di lui, e capì cosa era un vagabondo, e come si sentisse. Pensava i suoi pensieri." (Dalla lezione sulla recitazione nell'istituto Matteusz Gdula).
Che il tedesco Andreas Marschall fosse un regista nettamente superiore alla media lo si poteva facilmente intuire dalla bella opera d'esordio, un film del 2004 suddiviso in tre episodi e -per certi versi- connesso a questo Masks: Tears of Kali, giunto anche in Italia direttamente in home video come Lacrime di Kali. In questa fantastica prova, rimasta inspiegabilmente inedita nel nostro paese, il regista realizza un mezzo remake (non ufficiale) di Suspiria. Lo fa con massimo rispetto e nella totale riproposizione non solo di parte della storia (la prima mezz'ora è pressoché identica eccettuate piccole variazioni) ma adottando lo stesso tipo di ripresa (impressionanti per somiglianza i carrelli nei corridoi della struttura o i primi piani dei passi delle insegnanti), lo stesso tipo di tavolozza cromatica (con predominanza di rosso, blu e verde) e perfino la medesima eccessiva rappresentazione della violenza: qui limitata per numero di atti ma davvero realistica (e al limite del sopportabile).
Masks viaggia dunque parallelamente a Suspiria, come se si trattasse della stessa vicenda che però si svolge in un universo parallelo, e quindi necessariamente con slittamenti di eventi, circostanze e manifestazioni. Così l'omicidio (il primo) della testimone in fuga si estende all'amica che la ospita in camera e, proprio come accade a Pat (Eva Axén) in Suspiria, con la carne lacerata da fendenti che trapassano i corpi. Il fatto è quello, medesimo, ma qui la stanza testimone del crimine è solo simile (non uguale), una presenza demoniaca (si intuisce dagli occhi) è di nuovo artefice del massacro; in entrambi i fatti di sangue il prodotto è lo stesso ma cambiano i termini. Poi Marshall, forse anche per evitare problemi di copyright, da circa metà film cambia registro e sembra guardare anche a Martyrs (2008) per l'insistita violenza perpetrata ai danni delle allieve "privilegiate", sottoposte dalle insegnanti a pestaggi e iniezioni (via bicchiere) di droghe pesanti.
Masks è un film girato veramente bene, con una appropriata colonna sonora, che riesce nel difficile compito di evocare il meglio del titolo che lo ha preceduto. Merito anche della bella e dotata (artisticamente) Susen Ermich, novella Susy Banner con tendenze omosex suggerite (e messe in pratica) dall'altrettanto magnetica Julita Witt. Nel finale si ritorna ad un clima horror, con variante (riuscita) che sostituisce alla motivazione femminile stregonesca (Elena Markos) quella -più attuale (anche politicamente)- patriarcale e con deriva nel vampirismo (Matteusz Gdula): i vecchi si nutrono del sangue "vivo" dei più giovani, come a dire che nel 2011 Marshall aveva già intuito i nefasti esiti di una Europa che applica diritti solo a senso unico, quindi (in metafora) una confederazione di Stati con pochi (e decani) privilegiati abili a succhiare il sangue ai più indifesi delle nuove generazioni. Forse anche per questo, Masks non solo pronuncia la parola "fine" ai remakes di Suspiria (perché di meglio sarà impossibile fare) ma non sfigura affatto se messo a confronto con il suo predecessore. È il film che tutti ci aspettavamo, ma che non è più in grado di fare, da Dario Argento e per ironia della sorte, destinato all'oblio proprio nel nostro paese, in spregio alla dedica che Marshall fa comparire al termine dei titoli di coda: "... a Mario Bava, Dario Argento e Sergio Martino."
"Susy tu sai niente di streghe?" / Suspiria: remake non ufficiali
Mettere mano ad un film che richiama il capolavoro horror diretto da Argento non è facile. Ci hanno provato in tanti, con risultati altalenanti: quello peggiore è certamente il film di Norman Warren (Delirum house, 1978), seguito a ruota dal mediocre TV movie Il testamento, opera d'esordio di Richard Marquand. Un po' meglio (senza però esagerare) ha fatto Lucky McKee quando nel 2006 ha girato Il mistero del bosco. Ad oggi l'unico esemplare che meglio ha saputo cogliere le atmosfere surreali e quasi fiabesche del film di Dario Argento è proprio questo fantastico Masks. Per chiudere il cerchio ci sembra doveroso ricordare però come lo stesso Suspiria sia in debito con Narciso Ibáñez Serrador, prolifico cineasta spagnolo che nel 1969 realizza La residencia, un claustrofobico incubo -al femminile- con la presenza di un liceo/carcere che sembra avere "punti di contatto" con l'argentiana accademia di danza istituita a nome di Elena Markos.
Curiosità
L'infaticabile Renzo Barbieri, con la sua casa editrice Edifumetto (poi più nota come Squalo), a tempo di record nel luglio del 1977 (con Suspiria ancora in proiezione in alcune sale cinematografiche) dava alle stampe il n. 31 (Anno VI) de Lo scheletro, fumetto tascabile gemello del più longevo Il vampiro, evidentemente realizzato sulla falsariga del più celebre Oltretomba, pubblicato dalla concorrente Ediperiodici. Questo albo rappresenta una evidente (libera) rielaborazione del celebre film di Argento, dal quale riprende il contesto femminile (un liceo), spostato però a Norimberga. A parte la componente erotica predominante, nel fumetto -dal significativo titolo di Mortiria- vengono ripresi momenti (e dialoghi) significativi: dal primo omicidio-impiccagione effettuato da mani pelose, agli occhi agghiaccianti che brillano nelle tenebre; si prosegue con l'esperto dottore sapiente di arti magiche che enuncia le attività delle streghe, definite "esseri che fanno il male, soltanto il male. Si nutrono dei cuori delle fanciulle, si servono dei loro poteri per manovrare esseri umani e animali".
Soundtrack di Sebastian Levermann
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