Regia di Ice-T, Andy Baybutt vedi scheda film
Botta & risposta tra Ice-T e il gotha del rap statunitense (all’appello mancano Jay-Z, 50 Cent e Lil Wayne), in fiumi di parole che partono dal presente (non si ricorre a materiale d’archivio) per ricercare le radici storiche, filosofiche, sociologiche del genere, scavando nei valori che animano le rime di ognuno dei protagonisti. Da Eminem a Snoop Dogg, da Kanye West a Ice Cube, dai Public Enemy ai Cypress Hill, The Art of Rap sciorina interviste ai personaggi centrali della scena, ripercorrendo una moltitudine di piccole storie di musica, componendo un puzzle di punti di vista, di idee personali su e intorno al rap, restituendo un quadro complessivo, tra influenze dichiarate, tentativi di classificazione, digressioni sulle modalità di composizione, riflessioni sulla funzione della musica e fughe in free style. Ne esce un documentario capace sia di introdurre alla materia (non ci si dimentica del dove e del come il rap prende vita, non si esula dal citare i maestri, i precursori, i pioneri) sia di appagare i fan con curiosità (gusti, vizi e vezzi di scrittura) di ognuno dei musicisti. Se il cuore non duole (anzi), l’occhio, purtroppo, sì: Ice-T (ricordiamolo, almeno, in Il nostro Natale di Abel Ferrara) è troppo occupato ad affastellare materiale e finisce per girare un rozzo backstage amatoriale punteggiato dall’abc della grammatica pubblicitaria e videoclippara (skyline a go go, accelerazioni, zoom violenti). In molti, ovviamente, se ne faranno una ragione.
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