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L'arbitro

Regia di Paolo Zucca vedi scheda film

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La recensione su L'arbitro

di supadany
6 stelle

Nel suo esordio nel lungometraggio, Paolo Zucca centrifuga realmente una grande quantità di idee/spunti/materiale, sia sul versante prettamente tecnico che su quello del racconto.

Va da se che quello che scaturisce da questo suo esercizio (di stile) è più interessante che realmente riuscito.

Sardegna, il Pabarile è una squadra dilettantistica che veleggia sempre nel fondo alla classifica della sua divisione, almeno fino a quando non ritorna dall’Argentina Matzutzi, un piccolo fenomeno in grado di fare la differenza.

Il Parabarile arriverà a contendersi il titolo con i più quotati del Montecrastu che però sanno difendersi dagli avversari anche coprando gli arbitri.

A livello calcistico più alto, l’arbitro Cruciani (Stefano Accorsi) punta a diventare il numero uno nel suo settore, ma per arrivarci deve scendere a patti col diavolo, la corruzione, e spesso, si sa, la giustizia riesce a colpire solo i pesci più piccoli.

 

Stefano Accorsi

L'arbitro (2013): Stefano Accorsi

 

Film che suscita fin da subito una certa dose di simpatia e che fa quasi tenerezza, perché sembra quasi voler puntare in alto, ma poi appare in più circostanze aleatorio, indubbiamente privo di costanza.

Innanzitutto la scelta primaria del bianco e nero è brillante, aiuta sicuramente a calarsi in una situazione che viaggia tra i meandri arcaici della terra in cui è ambientato, una Sardegna rurale e con equilibri sociali d’altri tempi (sul lavoro, dove vige lo sfruttamento, ma anche nell’amore, complicato da conquistare).

Poi però nella costruzione ammucchia troppo, a partire da due storie parallele, destinate comunque ad incrociarsi, ma anche all’interno di ognuna di esse vive soprattutto di maschere più che di consecutio ragionata.

Così tanti piccoli frammenti rimangono impressi nella mente, ad esempio la figura della “femmina” interpretata da Geppi Cucciari (simpatica nell’antipatia del suo personaggio), l’arbitro senza pudore di Francesco Pannofino, il “corrotto corruttore” di Marco Messeri, con in più una serie di siparietti che osano, vedi ad esempio il funerale con la nonna in lutto che trova comunque il tempo per parlare profanamente di calcio.

Un’opera sana, ma dai riscontri alterni, che non regala gran concretezza (tante figure entrano ed escono, alcuni legami nascono, ma non vengono coltivati più di tanto ed il finale ne è logica conseguenza), ma lascia comunque dei ricordi, il che non è certo la panacea di tutti i mali, ma un discreto modo per il regista Paolo Zucca di comunicarci che non è arrivato alla regia per caso e poi il calcio ha regalato al cinema parecchie pagine “scult” e questa volta invece questo rischio viene allontanato con decisione.

Caparbio, ma un po’ troppo veemente.

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