Regia di Paolo Sorrentino vedi scheda film
Dopo tanto chiacchiericcio spicciolo, dopo l'Oscar, dopo una seconda visione del film, m'è venuta voglia di dire la mia su filmtv!
Tralasciando le critiche alle critiche (perché non né posso più e chi vuol capire capisca), veniamo al sodo!
Concedetemi la banalità di espressione: "La Grande Bellezza" è un film davvero molto complesso, più di quello che sembra: ci sono finezze che si colgono solo a successive visioni, come la ripetitiva citazione di Jep ("Baudelaire voleva fare un romanzo sul nulla..."). Un modo raffinato, rapido e incisivo per far notare allo spettatore quanto anche il dandy colto, Jep, sia un furbastro che si finge migliore di quello che è; conosce due aneddoti e li cita tutte le volte che può, per mettersi in mostra!
Il film è un labirinto di accorgimenti raffinati, di passaggi segreti come questo, da scoprire, su cui è il caso soffermarsi.
I personaggi sono stati accusati di essere delle macchiette incoerenti, quando è proprio quella la loro forza: dovevano apparire in bilico tra il genio e la vacuità, sfumati appena, delle maschere impressioniste. Come impressionista è tutta la pellicola. Sorrentino è un visionario, con una scenografia e una fotografia a metà strada tra bellezza barocca ed ermetismo nella comunicazione, trasmette quasi per osmosi le sue contrastanti impressioni sulla capitale del mondo e gli esseri meschini e affascinanti che la popolano. Passando da bagliori estivi a romantici e silenti chiari di luna, assistiamo ad una descrizione decadente e spietata di quello che è anche il suo universo... dopotutto...fa il regista! Ci vuole coraggio a parlare così dei prototipi di persone con cui si ha avuto a che fare. I messaggi giungono amplificati grazie all'abilità con cui Sorrentino sceglie le colonne sonore, che alternano i ritmi caotici e sincopati delle discoteche moderne a cori tragici, quasi da requiem, e motivi più dolci, da Italia d'altri tempi; una musica altalenante cucita come un guanto sulle scene del film, come solo Tarantino sa fare!
Come se tutto questo non bastasse Toni Servillo è più smagliante, travolgente che mai: centralizza l'attenzione, valorizza ulteriormente la cornice cinematografica che Sorrentino gli costruisce attorno, nei panni di un Catullo del III millennio che odia e ama la vita che fa! Cosa ancora più incredibile è assistere ad una Ferilli che sa recitare, guidata dalle mani sapienti del regista e ispirata da talentuosi colleghi. Sembra totalmente a suo agio nel ruolo di procace anima ingenua, candida, che si eleva al di sopra delle costruzioni sofisticate e fasulle degli altri personaggi.
Di questo parla il film: una visione dicotomica del mondo, una Roma decadente tra omaggi e superamento de "La Dolce Vita". Niente può essere approvato totalmente e niente può essere completamente disprezzato. Ma bisogna godersi la grande bellezza delle contraddizioni!
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