Regia di Paolo Sorrentino vedi scheda film
Un attacco spietato e feroce al degrado culturale e morale dell'intero paese in una triste e inarrestabile deriva mediatico-salottistica? Certamente. Ma anche una riflessione e un bilancio sulla vita, sui suoi snodi, su scelte, affetti, amicizie, mentalità, condotta, creatività, arte. Jep Gambardella (un Servillo sovraccarico e eccessivamente istrionico) incarna un personaggio ambiguo, spento, arreso, vinto, schiacciato da una città, Roma, che oltre ad essere capitale è insieme girone dantesco e magnifica scenografia, sfarzo storico e culla del potere. Uno scrittore in eterna pausa creativa, arguto, consapevole dei limiti propri e altrui, presenzialista a feste mondane e incontri altolocati che si aggira tra palazzi d'epoca e nobili decaduti in affitto, tra regine morenti di striptease e attori depressi, tra cardinali privi di credo e chirurgi plastici seriali, tra tossici annoiati e malavitosi in incognito, tra amanti deluse e domestici caritatevoli, tra amici ipocriti e cinici colleghi. Un campionario di freaks inquietante quanto basta per insinuarsi sotto pelle nella visione (difficile) di una pellicola assai complessa, ricca di virtuosismi tecnici e di sequenze visionarie. Interessante come sempre, Sorrentino ci tramortisce col suo cinema denso, saturo, barocco, dirigendo una danza di attori come un burattinaio che non ha paura di prendere tutto e tutti di petto, ricordandoci quanta stordente Bellezza si cela nelle pieghe di un'Italia vituperata e svilita dalla volgarità di certa intellighentia. Serena Grandi e Sabrina Ferilli sono un pugno nello stomaco.
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