Regia di Paolo Sorrentino vedi scheda film
Percepito come una versione moderna de "La dolce vita",anche per lo sguardo "ospite" su Roma,centro naturale di alti e bassi non solo italiano,cultura e pacchianeria,finezza e volgarità,unicità e pochezza vestita da mondanità,"La grande bellezza" è stato presentato a Cannes,senza vincere premi,ma è un film che nasce per suscitare favore o dissenso,non c'è via di mezzo:commedia grottesca o dramma in chiave leggera,il nuovo film di Paolo Sorrentino scandaglia,tramite un Virgilio che ha l'indolente e sapida maschera di Toni Servillo,ambienti salottieri,irride a artistoidi di poca sostanza,si destreggia in un marasma di chiacchiere e riflessioni,schiamazzi e silenzi fragorosi.La macchina da presa del regista de "Il Divo" perlustra,amplifica,si concentra,come nello stile di un autore ancor giovane ma già capace di un'idea di cinema personale e fortissima;nel carnevale perenne di un milieu sospeso tra intellettuale e superfluo,la commiserazione legata all'aspirazione a comprendere il senso dell'esistenza o,perlomeno,a darne uno alla propria.Il pubblico ha risposto bene,sia pure in Maggio,ad un'opera interessante,ambiziosa,a tratti geniale,altre volte appesantita,soprattutto nell'imporsi fin troppi finali,anche se probabilmente è un'ulteriore sottolineatura che la ricerca di una morale esplicativa è appunto vana.E il Jep Gambardella narratore e figura all'interno di un mosaico di sperpero,sensazioni e sogni,arriva a commuoversi,quando qualcuno viene a mancare,per reale partecipazione emotiva,o per panico segreto per sostanziali cambiamenti della stasi sua e dell'ambiente di cui fa parte?Cast variegato,quasi tutti gli interpreti al meglio,capeggiati da un Servillo sarcastico,intenso,tonico e blando a un tempo,ambizioni forse troppo alte per questo lungometraggio atteso e discusso,ma con,almeno,la forza dell'insinuare nello spettatore punti interrogativi destinati a suscitare riflessioni ampie e stimolanti.Merce di non poco conto,in un'era regressiva.
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