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La grande bellezza

Regia di Paolo Sorrentino vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su La grande bellezza

di Database
9 stelle

Alcune cose su La grande bellezza. Non so se questa sia propriamente una recensione, nella forma che si dà solitamente a una recensione. Una guida, forse,

alla mia discutibile lettura. Mi è capitato di vederlo subito, alla prima, e mi piace per una volta mettermi in gioco.

 

Il voto, innanzitutto, lo vedete da voi: 4 stelle e mezzo. Che significa che il film ha risuonato perfettamente in me, vibrando con quel "qualcosa" che cerco nel cinema, e ancor più che cerco nel cinema di oggi.

 

Penso innanzitutto che sia un film metafisico. Capace quindi di andare al di là della "fisica", dei fenomeni che racconta: un'opera che sin dal titolo allude allo splendore. Quello splendore unico che si intravede nelle cose dell'aldiqua, per un attimo solo, velocissimo, effimero. Penso anche che sia un film sull'illuminazione, non in un senso esoterico. Parlo semmai di quella concreta eppur impalpabile illuminazione che la bellezza realizza nell'attimo, attraverso lo sguardo periferico, laterale e trasversale sulle cose: una bellezza trovata e subito persa, che tuttavia è in grado di guidarci, di tenerci vivi. Forse è anche un film religioso, o forse sarebbe meglio dire spirituale: abbiamo più di un buon motivo per crederlo. 

 

L'attenzione di molti, dei più che hanno commentato e che finora ho letto, è stata chiamata dalla mondanità:  quella del mondo nobile e decadente, delle feste e delle puttane, dei salotti inutili e parolai dove siedono ricchi, intellettuali, cardinali e comparse, maschere grottesche e deformi della deboscia. Ma non penso che di questo Sorrentino volesse parlare. Credo aspirasse semmai a parlare dell'alto e del basso, dell'illusione e del gioco eterno tra una realtà che è teatro e illusione e un altrove - la bellezza - che è aspirazione solo di chi "non ha più tempo", di chi sente che l'essenziale  - la bellezza, o se volete la morte - potrebbe essere a un passo, potrebbe manifestarsi addirittura oggi, questo pomeriggio. Proprio come il protagonista, Jeb Gambardella, che alla soglia dei 65 decide, dopo una vita da peccatore per scelta - lui che addirittura aspira a essere il Re dei peccatori -, che è venuto il tempo di concentrarsi sull'essenziale. Non però con la foga del mistico, non con la dedizione ideologica del poeta, ma con lo sguardo scanzonato del ladro: di chi ha capito - forse da sempre poiché "sensibile" - che le cose migliori si manifestano solo distogliendo lo sguardo.

 

Penso anche che La grande bellezza sia un film formalmente consapevole: proprio perché l'alto e il basso - le musiche di Arvo Part e di Tavener accostate a Raffaella Carrà remixata da Bob Sinclair, il coro minimalista di David Lang e il trenino con Mueve La Colita - sono il vero tema (e non la mondanità o un'ipotetica condanna a una società decadente) la forma si serve di una apparato di immagine e suono che è coessenziale al discorso. La decadenza è messa in scena con tale grottesco sfarzo da non essere credibile come tale, ma proprio semmai come pura rappresentazione: quello di Sorrentino non è un film sociale, non è un film politico. Non offre chiavi di lettura sull'oggi, perché non è a questo che è interessato.

La relazione e il gioco dialettico tra la meraviglia che affiora nell'istante e il volto sconcertante del reale producono lo scarto, la tensione. L'umanità volgare, sensuale, ridicola viene contrapposta ai silenzi delle camminate all'alba lungo il Tevere, alla meraviglia delle piccole cose e di quelle gigantesche. E Roma, in tutto questo, appare davvero come una città eterna: un monumentale cimitero di rovine, soprattutto barocche, accumulate senza fine, da lasciare senza fiato. Non scenario o location, ma corpo stesso e materia del racconto.

 

Dicono alcuni che il cinema di Sorrentino sia fatto di molto involucro e di poca sostanza. Chi desidera credere che la sostanza sia seria e viva di inquadrature fisse, di dialoghi misurati, di realtà deprivata e più reale del reale, chi cerca sceneggiature rigorose e narrazioni esemplari, troverà in questo film pieno di eccessi, di fracasso e di splendore ottimi spunti per sostenere la sua tesi. Questo è un film fastoso, magnifico, seriamente spettacolare in ogni sua inquadratura e l'involucro è essenza tanto quanto è sipario. Ma occorre ricordarsi "delle radici": nell'attimo in cui ci si sta per addormentare e si guarda il soffitto che si trasforma in mare, nel ricordo di un sorriso offerto in gioventù che stregò un'esistenza. La bellezza, quella grande, non è una cosa che si racconta: come la povertà, la si vive, forse solo per un momento.

La colonna sonora

Sontuosa.

Paolo Sorrentino

Riconoscibile. Questo significa qualcosa.

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