Regia di Dan Scanlon vedi scheda film
"Caspita, è il primo cartone che vediamo dove non ci sono cattivi!". Con questa frase sui titoli di coda ha esordito Niccolò che con i suoi 6 anni e il suo spirito di osservazione mi ha stupito senza riserve. In effetti io non ci avevo pensato e non l'avevo notato, ma Monsters University è un film senza cattivi, solo personaggi antagonisti che si affrontano nelle sfide della vita, nella conquista dell'amicizia e nel succedersi di vittorie e sconfitte. Questo è senza dubbio il primo pregio di questo prequel del famoso Monsters & Co.
La storia torna agli inizi, quando un piccolo Mike entra in contatto con la realtà degli spaventatori in una gita scolastica presso la Monsters & Co. Da lì si aprono le speranze e i sogni di un bambino che diventato poi ragazzo fa di tutto per entrare nell'università che lo preparerà a realizzare il sogno di una vita. Indubbiamente il tema è allettante per gli adulti e complesso per i bambini, tant'è che secondo me questo film, a differenza del primo, è meno immediato e più complesso e lo consiglierei quindi dai 5 anni in su perché forse quando si è più piccoli non si comprendono alcune dinamiche, come il primo incontro di Mike e Sulley dove quest'ultimo ruba il merito di Mike per farsi bello davanti al gruppo trendy dei ROR oppure lo scherno riservato agli Oozma Kappa. Il rischio è di non riuscire a seguire il filo della storia confondendo un gruppo con l'altro, mischiando i protagonisti e gli antagonisti e perdendosi quindi nella trama del racconto.
Perché vale la pena vedere questo film? Perché ha ritmo ed energia, sa far ridere, ha un forte messaggio da trasmettere: il fil rouge del film è la volontà di raggiungere i propri sogni, il non arrendersi, il sapere accettarsi e soprattutto il sapere valorizzarsi.
I sentimenti e le relazioni tra i personaggi del film sono molto complessi: ci sono l'amicizia in primis; la naturalezza e la semplicità dei rapporti giovanili, come la prima convivenza tra Mike e Randall; lo spaesamento nell'inizio delle cose, l'ingresso in una nuova realtà scolastica e una nuova organizzazione della vita; le difficoltà relazionali tipiche della gioventù, caratterizzate da scherni e derisioni che non sono motivo di rancori (tipici negli adulti), ma di sfide personali; la leadership: quella di Mike sul suo team, quella della direttrice sugli allievi; la fiducia verso il prossimo, minata continuamente dalle interferenze del pregiudizio costituito dalle dicerie degli altri; la stima reciproca; l'amor proprio e la presa di coscienza delle qualità che ci sono state date. Quest'ultimo messaggio è un vero e proprio mattone del film: il risultato si raggiunge solo quando in un gruppo tutti credono nell'obiettivo, quando c'è una motivazione condivisa e anche quando ognuno riesce a ritagliarsi un ruolo tirando fuori le sue più grandi qualità. Così Mike e Sulley possono riuscire a ottenere il meglio che si sia mai visto, sfruttando ognuno le proprie capacità, come fossero la mente e il braccio.
E in tutta questa complessità non stupisce che il film riesca a inchiodare lo spettatore alla sedia, irretendolo nella trama della storia, ben calibrata tra azione e introspezione. Un film quindi di buon livello che ha anche il pregio di essere adeguato a un pubblico di bambini e quindi un ottimo film di formazione che consiglio a chiunque di vedere, condividendo magari, come ho potuto fare anch'io, un paio d'ore di emozioni e divertimento insieme ai propri figli.
Infine, mi piace spendere due righe sul confronto tra questo film e un altro buon film d'animazione che è al cinema in questo stesso momento e che tratta lo stesso tema: Turbo. Mentre in Turbo l'azione è più semplificata e d'impatto immediato, in Monsters University la storia è più complessa e anche l'azione è più intricata. La gara di corsa ovviamente coinvolge con più semplicità il tifo del pubblico (mio figlio Paolo di 2 anni urlava brum e diceva Turrrbo a ogni corsa), invece i campionati di spavento sono decisamente più complessi da seguire, anche per via dell'interazione tra i tanti personaggi. Il messaggio che viene però dato è lo stesso ed è curioso (ma forse neanche troppo) che in questo momento storico due blockbuster destinati principalmente a un pubblico giovane ci tengano tanto a ricavalcare il mito del sogno. Le favole sono evasione, ma proprio come fu per il Mago di Oz ai suoi tempi, sono anche l'esorcizzazione delle paure dell'uomo e il messaggio di speranza che non andrebbe mai abbandonato, né dalle generazioni future, né da quelle passate. Se l'uomo ha cambiato il mondo è perché lo ha esplorato e ha sognato che potesse essere diverso fino a plasmarlo nella realtà.
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