Regia di Giuseppe Tornatore vedi scheda film
Nonostante i numerosi riconoscimenti conquistati, fra cui 6 David di Donatello e 6 Nastri d'Argento, quest'ultimo film di Tornatore non mi ha convinto del tutto. La storia di un affermato mercante d'arte che cede gradualmente al richiamo sentimentale per una bella ma problematica ereditiera che soffre di una strana forma di agorafobia, il film cerca di veicolare la sottile ossessione di Virgil Oldman, il suo bisogno disperato di cogliere un'occasione imprevista che possa rinnovare la sua vita e scuotere la sua aridità sentimentale. Tuttavia, se l'approccio visivo del regista rimane interessante (soprattutto nelle scene ambientate nella casa di Claire) e le musiche di Morricone sono sempre belle, la storia di Virgil fatica un pò ad insinuarsi sotto pelle, forse a causa di una struttura un pò troppo "telefonata" (nella prima parte le continue conversazioni telefoniche fra Mr. Oldman e Claire diventano, alla lunga, ripetitive) o forse anche perché i dialoghi risultano spesso artificiosi, poco spontanei e naturali. Come in "Hugo Cabret" di Scorsese, anche qui abbiamo un automa che viene gradualmente ricomposto dal personaggio di Jim Sturgess, ma il simbolismo piuttosto elaborato di queste sequenze non aggiunge molto in termini di sostanza alla vicenda principale. Nel cast Geoffrey Rush è, come sempre, professionalmente ineccepibile, ma anche la sua indubbia bravura non può non venire in qualche modo condizionata da una sceneggiatura un pò incerta; Jim Sturgess è simpatico, ma non molto di più e la giovane Sylvia Hoeks è utilizzata soprattutto in funzione decorativa. L'enigmatico finale, assolutamente da non rivelare, risulta abbastanza intrigante ma giunge un pò tardi per risollevare realmente le sorti della pellicola.
voto 6/10
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