Regia di Giuseppe Tornatore vedi scheda film
Dissolvenza in entrata, la camera si avvicina lentamente ad un uomo elegante che domina la scena osservando e catalogando pezzi d’antiquariato tutto intorno. Il suo nome è Virgil Oldman ed è uno dei più grandi esperti d’arte su piazza, nonché battitore d’asta inarrivabile. Schivo e distaccato con le persone ma ossessionato dalla ricerca di una bellezza idealizzata, conduce un’esistenza essenzialmente solitaria collezionando preziosi ritratti femminili che custodisce gelosamente. Quando nella sua vita si affaccia una misteriosa ereditiera malata di agorafobia, le priorità dell’uomo iniziano a cambiare. Tornatore fa ritorno su grande schermo con un melò machiavellico, un meccanismo ad orologeria che scandisce passioni e debolezze umane in un contesto che al cinema non si è visto di sovente. Un raggiro sentimentale di Hitchcockiana memoria che travolge il protagonista innalzandolo e schiacciandolo al tempo stesso attraverso un sottile gioco di metafore e contraddizioni, di sincerità e mistificazioni. Un soggetto intrigante, messo in scena con sobrietà e precisione invidiabili ma senza per questo essere sprovvisto di quei virtuosismi tanto cari al regista siciliano quali panoramiche, carrellate, dolly, stacchi improvvisi, montaggi alternati. Cinema classico, ricco di suggestioni e popolato da personaggi imperfetti che si affannano per soddisfare istinti primordiali quali avidità, curiosità, possessione, vendetta. Sullo sfondo il fascino immortale dell’arte figurativa e l’élite di sciacalli che se la spartisce vantando diritti di prelazione inesistenti. Il contrappasso colpisce nel segno, il dramma si evolve in crescendo fra infanzie strappate, amori improbabili, tradimenti, abbandoni. Una visione intensa, sofferta, talmente ricca e dettagliata da seminare in continuazione rimandi e indizi rivelatori circa l’intreccio ma senza che questi rappresentino una limitazione di pathos nello svelarsi della vicenda. Anzi.
Comparto tecnico a livelli d’eccellenza: scenografie, costumi, fotografia, ovviamente le musiche di Ennio Morricone, tutto sta lì a sottolineare e ad accompagnare un gusto per la narrazione e per le immagini prettamente cinematografico, mai di derivazione televisiva come nella stragrande maggioranza delle produzioni nostrane. Del resto, a prescindere da un paio di progetti sbagliati ed eccessivamente autoreferenziali, Tornatore ha sempre avuto una marcia in più dietro la macchina da presa e produzioni internazionali come “La Migliore Offerta” stanno lì a dimostrarlo. Nel cast Sturgess e Sutherland dicono la loro con fare sornione, mentre la scoperta Sylvia Hoeks è musa perfetta ed imperscrutabile. Geoffrey Rush, cuore pulsante dell'intera opera, si conferma mattatore assoluto in grado di impersonare come pochi altri i personaggi più complessi, costantemente e credibilmente in bilico fra genio e profonda infelicità.
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