Regia di Giuseppe Tornatore vedi scheda film
Tornatore fa centro, girando con cura, passione e manìa un film originale e coinvolgente, che da un idea-pretesto si sviluppa attraendo attenzione distolta, suscitando sentimenti sopìti, (ri)scoprendo desideri sconosciuti, soffocati o deviati, inventando storie (im)probabili, sorprendendo senza effetti speciali, colpendo al cuore e alla testa con illusioni credibili e credibili delusioni, scorticando angoli caratteriali gelosamente protetti, schiaffeggiando con e senza guanti, costringendo ad accettarsi diversi e a riconosocere il piacere di accogliere le novità dentro e fuori (di noi), stuzzicando il bisogno (ig)noto di confrontarsi, di esprimersi e di ascoltare, stupendo con il colpo di scena meno prevedibile e forse meno piacevole-gradevole-comodo (in)immaginabile.
Artepittura, artecinema, quadrirecitatiecinemadipinto, realtàdellafinzioneefinzionedellarealtà: il falso che inganna il reale o piuttosto il falso reale che inganna l'inganno?
In ogni caso, quando si cambia si cambia e si deve o si vuole cambiare.
Regìa (am)mirabile, fascinosa, sobria, profonda e ravvicinata, che soffia, accarezza e provoca (brividi), libera (finalmente?) da presuntuosi manierismi e capogiri autoriali autocentrati (il peggio in Malèna) e più vicina alle vette di pieno e puro respiro filmico e artistico (come Nuovo Cinema Paradiso, ma senza zucchero, Una Pura Formalità, ma senza zolfo, o La Sconosciuta, di nuovo Trieste).
Recitazioni perfette, Rush ancora una volta sublime (e sublimato); ambientazioni, fotografia e scenografia accurate; musiche anch'esse accarezzanti, accompagnanti.
Alla fine la sensazione (non frequente) di aver voglia di continuare a vedere (non come si può ancora sviluppare la storia, ma proprio restarci dentro, ancora un po').
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