Regia di Nacer Khemir vedi scheda film
La piccola Ishtar (antico nome di origine sumero-babilonese che nella mitologia mesopotamica viene attribuito alla dea dell'amore e della fertilità, come anche della guerra, delle tempeste, dei sogni e dei presagi, dispensatrice di potere e conoscenza) accompagna il vecchio nonno (Bab'Aziz, un ex emiro, principe - che, dopo aver contemplato a lungo la propria anima, si è convertito in un derviscio) attraverso un popoloso deserto verso la parte finale del di lui cammino. Una volta raggiunta, i due si separano: l'anziano asceta attende l'arrivo del giovane Hassan, testimone predestinato di quell'ultimo passo proprio in quanto terrorizzato dalla morte, al quale Bab'Aziz, per confortarlo, rivolge le seguenti parole: “Se al bambino nell'oscurità del ventre di sua madre fosse detto: 'Fuori c'è un mondo di luce, con alte montagne, grandi mari, distese ondulate, bei giardini in fiore, ruscelli, un cielo pieno di stelle e un sole fiammeggiante...e tu, dinanzi a tutte queste meraviglie, stai rinchiuso in questa oscurità...”, il bambino non ancora nato, non sapendo nulla di queste meraviglie non crederebbe a nessuna di esse. Così noi siamo innanzi alla morte. Ecco perché abbiamo paura.”; nel frattempo, la bimba raggiunge la propria destinazione: un luogo fantastico nel quale si tiene un una sorta di Woodstock dei sufi che si tiene ogni trent'anni.
(Im)mag(i)nifico.
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