Regia di Maria Sole Tognazzi vedi scheda film
Voto: 6
Ero partito con l'idea di massacrare un tipico prodotto italiano minimale fino all'inconsistenza e invece devo dire che Maria Sole Tognazzi, al suo terzo film, se l'è cavata benino. Sia chiaro che in ogni caso si tratta di un filmetto destinato a non lasciare grandi tracce di sè, ma è comunque un prodotto piacevole, non banale e, oltretutto, in 85 minuti non fai neanche in tempo ad annoiarti. Lo sfondo (che è poi anche il tema guida) è decisamente originale ed inconsueto. La protagonista è un'ispettrice che -in rigoroso incognito- mimetizzata tra la normale clientela, alloggia in lussuosi hotel a 5 stelle e, dopo una maniacale analisi delle condizioni e del servizio, redige una relazione finale, attribuendo una valutazione dettagliata e severa (un pò come quelli della Guida Michelin nei ristoranti). Va detto che questa "idea" può rappresentare per lo spettatore una curiosa simpatica novità, ma anche un limite, perchè non è facile, forse, empatizzare con colei che se la tira dall'alto di chi "dà i voti", che può promuovere o bocciare. E infatti la nostra Irene riempie un pò la propria vita grazie a questa sua facoltà, una vita che senza questa condizione -evidentemente per lei appagante- sarebbe un monumento alla solitudine. Interessante il lavoro di scavo nella psicologia di Irene da parte della regista. Irene in realtà è insoddisfatta, solo che non lo vuol dire nemmeno a sè stessa. Ella può contare su due importanti sponde morali e affettive. Una è il suo ex fidanzato ora diventato amico fraterno, ma qualcosa si incrina tra loro quando lui scopre che sta per essere padre dopo aver conosciuto una donna. Poi l'altro grosso appoggio è dato dalla sorella: tra le due c'è un rapporto radicato ma anche altalenante, i battibecchi si susseguono e anche su questo versante qualcosa pare spezzarsi. Insomma, fatto sta che Irene percepisce ogni giorno di più che le manca qualcosa. E che certe sue derive vagamente isteriche prendono le mosse da una solitudine latente il cui malessere comincia a bussare sempre di più. Però attenzione: la trama è tutta qua. Non si cerchino snodi narrativi o svolte di sorta. L'unica cosa che implica movimento o cambio di visuale è il succedersi degli alberghi di cui Irene è via via ospite, spesso collocati in location turistiche esotiche. Ma ciò è comunque ininfluente, perchè il film è decisamente statico a livello narrativo, ferma restando l'indubbia brillantezza dei dialoghi, che non è cosa da poco per lo standard delle commedie italiane. Dunque personaggi gradevoli e battute che strappano allo spettatore sorrisi più che convinti, tuttavia ciò che lascia perplessi è un certo minimalismo di fondo che affiora, per esempio in un finale debolissimo, dal quale ti aspetteresti (che so) una scelta "diversa" o spiazzante da parte della protagonista e invece si può solo percepire un suo mutato atteggiamento...ma anche questo chi può dirlo? Insomma un film che è ripiegato su sè stesso e sulla trovata (ripeto, lodevolmente originale) del mestiere di lei, che però non fa che ripetersi fino ad una conclusione senza coraggio, senza strappi, senza emozioni, se non un vago crogiuolarsi negli affetti che piacerà tanto ad un pubblico femminile in cerca di sentimenti prevedibili. In un film strutturato secondo criteri non proprio di robustezza, gran parte del lavoro si regge sulle spalle degli attori. E sotto questo aspetto nulla da ridire, il cast è perfetto. A partire da una calibratissima Margherita Buy, attenta alle minime sfumature e soprattutto finalmente "liberata" da quel clichè di "moglie depressa" che rischiava seriamente di ingabbiarla per sempre. Stefano Accorsi è un gradino sotto, ma il suo dovere lo fa. Discorso a parte per Fabrizia Sacchi (nel film la sorella di lei), un'attrice che seguo con piacere da anni e che trovo oltre che brava anche simpatica. Da segnalare inoltre l'impiego assolutamente efficace della musica classica come prevalente colonna sonora. Insomma, non sarebbe giusto infierire su un film così gradevole. Solo che non si può tacere sulla mancanza di coraggio, sull'assenza di un colpo d'ala, ciò che fa sì che questa pellicola non lascia il segno. Di tanta piacevolezza, già dopo due o tre giorni dalla visione, nella memoria non resta più nente.
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