Regia di Michelangelo Antonioni vedi scheda film
L'apprendistato di Antonioni sta quasi per terminare: Cronaca di un amore, il suo primo lungometraggio a soggetto, verrà infatti realizzato l'anno successivo. Per il momento il regista ferrarese prosegue comunque instancabile nel suo personalissimo racconto dell'Italia, cominciato in piena guerra mondiale (1943) con Gente del Po; qui si sofferma su un fenomeno mediatico di massa come quello del fotoromanzo, tipico di quel periodo e in effetti specchio dei tempi. Una nazione che ha voglia di credere nei sogni è una nazione che ha bisogno di facili ed effimeri miti (quanto più lontani possibile dagli epici, maschilisti e roboanti miti del fascismo); ecco che le giovani donne diventano quindi un target di mercato - novità assoluta nella storia del commercio - e che, anche un po' a sorpresa, l'indotto del fotoromanzo cresce a vista d'occhio. Antonioni ci porta a seguire la lavorazione del prodotto, osservando da vicino i laboratori in cui si sviluppano foto e ritoccano disegni, ma non dimentica di fare il punto sull'altra metà della faccenda: sarà anche una 'menzogna' (creazione di pura finzione più simile a merce che ad arte), ma è pur sempre 'amorosa', capace di generare nel pubblico femminile notti insonni, ardenti desideri, palpiti di passione. Dalla seconda parte di questo documentario, quella appunto relativa alle ragazze che perdono la testa per i divi dei fotoromanzi, Fellini prenderà spunto per il suo esordio registico in solitaria, cioè Lo sceicco bianco (1951). Assistente alla regia, il diciannovenne Francesco (Citto) Maselli; musiche di Giovanni Fusco (già attivo da tempo al fianco di Antonioni, e in futuro lo sarà ancora); fotografia di Renato Del Frate (l'unica volta, invece, che si incontra con il regista). 6/10.
Il fotoromanzo, fenomeno di massa (soprattutto femminile e giovanile) del secondo dopoguerra: milioni di lettori, migliaia di posti di lavoro, una montagna di posta che ogni giorno le ammiratrici spediscono ai divi.
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