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Flight

Regia di Robert Zemeckis vedi scheda film

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La recensione su Flight

di michemar
6 stelle

Capita a tanti di uscire fuori a cena o essere ospiti in casa di amici, bere qualche bicchiere o più e poi, sicuri della propria lucidità, mettersi in macchina e tornare a casa senza problemi. Quando invece per sfortuna si incappa in un minimo incidente stradale, l’arrivo della polizia e il conseguente controllo dello stato psicofisico dell’automobilista mette seriamente nei guai quest’ultimo e, in caso di feriti o morti, le conseguenze sono veramente gravi. Se trasferissimo questo esempio ad un pilota di aerei di linea, il caso ci allarmerebbe parecchio semplicemente perché qui il pilota ha in mano un enorme mezzo pieno di persone e in volo un minimo incidente causerebbe spaventose conseguenze.

Whip Whitaker è un pilota di linea, molto bravo nel suo mestiere: è coraggioso, esperto, il suo equipaggio si fida ciecamente di lui e sa di essere sempre in buone mani. Ma non è tutto roseo perché lui ha alcuni vizietti pesanti, tant’è vero che il film inizia mostrandoci che, prima di recarsi all’aeroporto per portare il suo aereo pieno di passeggeri da Orlando ad Atlanta, ha appena finito di

fare bisboccia con l’amica di turno (la separazione dalla famiglia è dovuta proprio per i suoi eccessi) in una camera d’albergo dove non mancano vodka e cocaina. In questo stato alterato si reca al lavoro senza preoccuparsi più di tanto, perché è abituato e il suo fisico (avete presente il Denzel Washington di questi tempi?) potente e massiccio sopporta tutto quello che ingurgita. Le hostess lo sanno e si fidano, invece il secondo pilota, quasi un novello, è chiaramente spaventato. Come ipotizzato dall’esempio introduttivo, succede l’imprevisto: l’aereo non è in perfette condizioni e a metà volo si verificano rotture e guasti che fanno virare la trama verso quel filone che andava tanto di moda ad Hollywood tra i ’70 e gli ’80 che chiamavamo genere “catastrofico”. Ma lo spettatore può rimanere ingannato perché il genere non è quello, Robert Zemeckis non ha girato un film di quel genere.

L’abilità mai messa in discussione di Whip viene messa dura prova e lui ne esce coraggiosamente come un eroe ma, nonostante nell’atterraggio praticamente impossibile salvi 96 persone su 102 che viaggiavano, gli ispettori della compagnia aerea si rendono conto del suo stato alterato con cui ha volato. Non è neanche un thriller, questo film ci narra della vita difficile di un alcolizzato, dei suoi problemi familiari, di un figlio che non vuole neanche avvicinarsi a lui, della lotta difficile per uscire dal tunnel della droga e dell’alcol, di amori brevi e fugaci ed infine di un sentimento esploso tra due anime perse: la sua e quella di una ragazza sbandata anch’essa bisognosa di affetto e disintossicazione.

Avevo iniziato a vedere questo film convinto di assistere al solito lungometraggio “americano”, invece strada facendo mi son trovato davanti ad una storia seria, quasi Dostoevskij per la lotta tra il bene e il male, sfracellarsi o guarire, vivere o morire.

Non vedevo Denzel Washington così impegnato e serio forse da “Hurricane” che è del 1999, figuriamoci, e quindi solo dopo ho capito il perché della nomination. Bravo.

Ma posso affermare che tutti i personaggi sono stati dipinti benissimo dal regista e la sorpresa più gradevole, unico momento per sorridere nella trama, è stata l’apparizione improvvisa, una vera irruzione, di Harling Mays, un tipastro in pantaloncini con al seguito una valigetta con alcol, sigarette e droga, che solo John Goodman, appena uscito da una pellicola dei Coen, poteva interpretare: straripante e grottesco, praticamente perfetto.

Buon film, interessante e da vedere.

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