Regia di Giulio Manfredonia vedi scheda film
Il troppo storpia. Antonio Albanese decide di dare un seguito a « Qualunquemente », galvanizzato dagli ottimi incassi della pellicola, ma invece di continuare a raccontarci soltanto le avventure del politicante Cetto La Qualunque, sceglie di aggiungere a quello altri due personaggi, il leghista e razzista Rodolfo Villaretto e lo spacciatore Frengo, che aspira a diventare Beato per la Chiesa durante la sua stessa vita, personaggio ripescato da Mai dire gol. In questo modo il film perde il suo equilibrio, risulta poco scorrevole e più faticoso da seguire rispetto a « Qualunquemente », che già non era propriamente un capolavoro di umorismo. Le unghiate satiriche sulla corruzione della classe politica non affondano abbastanza, spesso si ha l’impressione di assistere ad un siparietto cabarettistico-televisivo dilatato alle dimensioni di un lungometraggio, dove la noia fa capolino rapidamente. Resta un’indubbia cura a livello estetico nelle scenografie e nei costumi stravaganti (il regista Manfredonia ha parlato di una « messinscena psichedelica con colori squillanti », di un film « molto rock, alla maniera di Celentano, strano, bizzarro e difficile da catalogare »), ma questo non basta a riscattare la pesantezza dell’impianto e il fatto che non vi sia una sceneggiatura degna di questo nome. Fra i caratteristi, divertente il sottosegretario di Fabrizio Bentivoglio acconciato alla Karl Lagerfeld, Lunetta Savino strappa qualche risata nella parte della madre di Frengo che denuncia il figlio, mentre resta incomprensibile la partecipazione straordinaria di Paolo Villaggio, che appare in poche inquadrature senza pronunciare nemmeno una battuta.
VOTO 5/10
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