Regia di Shane Black vedi scheda film
Nei lontani ricordi personali inerenti la mia passione per i fumetti Marvel (fui lettore appassionato almeno dal ’77 all’82) il personaggio di Tony Stark lo ricordo (a questo punto, trascorsi oltre trent’anni, con un certo fisiologico e spero comprensibile annebbiamento) come un uomo serissimo, direi addirittura freddo, razionale e spigoloso, sempre comprensibilmente alle prese con l’ossessione che il suo cuore ferito mortalmente da schegge letali possa fermarsi da un momento all’altro. Un miliardario dinamico ma serioso, tenuto in vita non si sa come da un ingegnoso macchinario che gli permettere di mantenersi vivente quando il suo quadro clinico comunica invece tutto il contrario. Robert Downey Jr, alla sua terza avventura e mezza (se si tiene conto del confusionario e farraginoso The Avengers) riprende più che mai la consueta verve scanzonata quasi da parodia con cui già dai primi episodi ha iniziato ad affrontare il personaggio del supereroe: così facendo certamente anche stavolta la star non ci toglie di dosso l'impressione di volerla buttare tutta un po' in vacca, ma bisogna anche ammettere che l'attore in tal modo riesce a vincere i limiti assoluti imposti dall’aspetto completamente corazzato del supereroe che sulla carta impoverirebbe decisamente lo sviluppo caratteriale del personaggio, intrappolato in una gabbia metallica forse anche seducente ma decisamente poco espressiva. Ecco che dunque il brillante interprete si presta a tutta una serie di moine e vezzi ed ironie talvolta simpatici (ricorda se vogliamo un pò il personaggio simpatico del miliardario interpretato da Tony Curtis nel famosissimo "Attenti a quei due"), talvolta un po’ da primadonna che servono certo ad impadronirsi (sin troppo) del personaggio, finendo quasi per mettere in sordina il potente supereroe di ferro.
Merito (o colpa) certo dell’attore, che più di altri è riuscito ad impadronirsi di un personaggio che nei fumetti appare letteralmente fagocitato dall’eroe in acciaio smaltato; un Downey Junior che affronta l’eroe con la stessa verve (qui però un po’ meno azzardata) che ha stravolto (o per alcuni comprensibilmente e senza mezzi termini distrutto) lo Shelrlock Holmes dell’altra serie di blockbusters roboanti che hanno rilanciato alla grande nello star system la star Downey Jr. dopo mille anche drammatiche vicissitudini personali legate alla tossicodipendenza.
La storia questa volta si dipana un po’ caoticamente adattando con un certo slancio uno storico nemico dell’eroe dai primi numeri del fumetto (il pericoloso Mandarino) al subbuglio geo/politico di un Medioriente caldo ed accanito nei confronti del mondo occidentale.
Carino ed accattivante nella prima parte, il film tuttavia si ingarbuglia e romba sin troppo forte ed inutilmente più ci si inoltra verso l'epilogo, sprecando oltretutto un secondo cattivo come quello interpretato da un Guy Pearce pur bravo, ma un pò buttato nella mischia senza la dovuta costruzione caratteriale. Preziosi e sempre più nascosti (ma proprio per questo intriganti) i minuti finali dopo i titoli di coda, che costituiscono ormai da anni un vero e proprio raccordo col film Marvel che seguirà, che a questo punto ritengo dovrà tornare a tingersi del verde intenso e quasi ipnoticamente abbagliante di quel musone rompitutto di Hulk.
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