Regia di Shane Black vedi scheda film
C’è molto Tony Stark nel terzo film di Iron Man, concentrato più sull’uomo che sull’armatura tanto che la versione potenziata del supereroe tende alla dissoluzione con la moltiplicazione delle versioni, l’autonomia funzionale e la finale distruzione di ogni rivestimento metallico. Tony Stark è nudo, provato dalle invasioni aliene di The Avengers e dalla vicinanza a divinità e ad esseri superiori, vittima di attacchi di panico e preda di confusione ontologica. Salta da un’armatura all’altra, le comanda a distanza e concede loro brandelli di intelligenza artificiale come automi pensanti, esseri quasi senzienti e separati in un dualismo sottolineato come indice di schizofrenia galoppante.
Tutto il film si struttura come una seduta psicanalitica (soltanto il sottofinale rivelerà l’interlocutore effettivo) con cornice in voce off e racconto in prima persona di un passato recente diventato rito di passaggio verso una versione adulta di sé, conquistata a fatica grazie alla consapevolezza acquisita della necessaria compresenza di una persona fallibile e fallata all’interno dell’inviolabile involucro di metallo. Al personaggio Downey regala la consapevole sbruffoneria di sempre, l’eleganza volgare di un narciso esibizionista che trova la misura dei propri limiti assaporandone la difficile convivenza, mentre la sceneggiatura gli fa attraversare l’ipotesi di una famiglia (con un interlocutore bambino, alter ego in miniatura e supposto erede), il consolidamento del rapporto con Pepper Potts e il conseguente superamento delle fobie e delle smanie di grandezza.
Dopo la scoperta delle potenzialità letali dell’armatura (primo film) e l’euforia della fama con un giocattolo tecnologico di sicuro richiamo (secondo film), il terzo capitolo si concentra sulle conseguenze della presa di coscienza delle responsabilità del ruolo di Iron Man, sia sul versante personale che pubblico. Se il governo si accaparra War Machine (ribattezzato Iron Patriot) come vessillo americano meccanico, Tony Stark si trova costretto con i propri balocchi tecnologici e la sensazione di non essere all’altezza della situazione tanto da dover passare per una rinascita completa (con ulteriore distruzione della casa) per poter tornare ad essere un supereroe con grandi poteri e grandi responsabilità e per rifondare, su basi rinnovate, un futuro Iron Man.
Come sempre, Stark si dovrà confrontare contro l’ennesimo genio del male, ricchissimo e temibile per lo sfruttamento doloso della tecnologia, terza incarnazione di una versione deviata di sé dopo le nemesi dei rispettivi altri capitoli cinematografici, e pericoli sempre più ravvicinati. Il Mandarino, nemico storico del personaggio nei fumetti, viene riletto in modo quasi postmoderno come icona pop del nemico di stato in un assemblaggio warholiano di vari terroristi di fama (da Bin Laden in giù), mentre il vero avversario si cela altrove, nel passato e nei traumi provocati dal protagonista. Accenni di critica al neocolonialismo americano o alla supremazia della corporation sulla politica si stemperano nella confusione della sola enunciazione dei temi, il cui sviluppo avrebbe provocato eccessivi dubbi ideologici, difficili da reimmettere nella struttura narrativa se non come meri pretesti.
Se la sceneggiatura avanza brillante per battute e situazioni, spesso si accontenta di nascondere le proprie mancanze evitando qualsiasi approfondimento a vantaggio dell’azione e, soprattutto, sceglie un inappropriato epilogo telefonato con cui, in pochi istanti, si riparano i danni al cuore di Stark (le schegge e il magnete estratti) e si guarisce geneticamente la povera Pepper trasformata per breve tempo in un mutante incandescente. La regia, affidata alla vena goliardica di Black (sceneggiatore di Arma Letale o L’ultimo boy scout), si destreggia tra avventura e tentativi di introspezione, tra primi piani in cui gigioneggia Downey e inquadrature d’insieme piene d’azione, con una stereoscopia talmente poco ingombrante da risultare futile.
A chiudere il film, una sigla finale vivacizza in musica alcuni fermo immagine trasformati in cartoon che recuperano personaggi e situazioni dai tre film con Iron Man protagonista, decretando così la chiusura di un ciclo (con il probabile passaggio di testimone ad un altro attore) e l’evoluzione verso la normalità di un supereroe, dotato finalmente della consapevolezza delle proprie grandi responsabilità, ma anche privato di molti dei superproblemi che, nell’universo Marvel, fanno da logico e storico contraltare ai superpoteri per definire l’umanità di personaggi fuori dalla norma.
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