Regia di Mario Bonnard vedi scheda film
Un pugile fa di tutto perché suo figlio segua le sue orme; il ragazzo si dimostra bravo, vincendo un titolo nazionale, ma perde la testa per una poco di buono, con grave disperazione del padre. Quando la ragazza gli lascia intendere che per lei si tratta soltanto di una storiella di nessun valore, l’atleta la scarica e torna a combattere.
La famiglia, l’onore, il coraggio, i muscoli, l’umiliazione della donna: in questa pellicola del 1939 ci sono tutti i valori cardine del fascismo che all’epoca imperava e, per quanto confezionata con sufficiente perizia e assolutamente guardabile di per sé, a tale triste periodo storico andrebbe confinata (e di confino se ne intendeva un bel po’, il duce). Vista con gli occhi di oggi, Io, suo padre sembra proprio poca cosa: un’operina leggera dalla morale semplice e buonista – nel senso di cui parla il vocabolario, non in quello ideato ai giorni nostri dai neofascisti – che il valido Mario Bonnard e i suoi altrettanto dotati collaboratori tecnici e artistici hanno realizzato in maniera piuttosto sbrigativa puntando essenzialmente al botteghino. Sceneggiatura di Ivo Perilli, Amedeo Castellazzi e del regista, da un testo di Alba De Cespedes; fra gli interpreti spiccano i nomi di Evi Maltagliati, Erminio Spalla, Virgilio Riento, Clara Calamai, Carlo Romano e Mariella Lotti; musiche di Giulio Bonnard, fratello e collaboratore di Mario, e fotografia di Otello Martelli. Nello stesso anno il regista usciva in sala con altri due titoli: Papà per una notte, per molti versi simile, e il più riuscito Frenesia. 3,5/10.
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