Regia di Terrence Malick vedi scheda film
Neil e Marina si conoscono a Parigi, vanno a vivere in America e si separano, mentre la vocazione di padre Quintana entra in crisi. Narrazione sincopata, ma non faticosa e anzi stranamente leggera: l’eliminazione del tessuto connettivo produce qualche oscurità ma al tempo stesso ‘libera’ la vicenda, facendola procedere con passo spedito; è un’operazione che mi ha ricordato un libro che amo molto, Frammenti di un discorso amoroso di Roland Barthes. Malick sa indiscutibilmente inquadrare gli spazi, sia all’aperto sia al chiuso: la spiaggia di Mont Saint-Michel, le piantagioni dell’Oklahoma, le strade, i supermercati, le chiese; semmai gli si può rimproverare di pensare in termini di paesaggi con figure più che di persone entro luoghi. La sceneggiatura fa cascare le braccia: un concentrato di banalità che tocca il suo nadir nella scena in cui Romina Mondello fa la pazzerella; ma anche il prete è un personaggio irrisolto e didascalico. Insomma, il film vive di un forte contrasto fra immagini e parole: nel complesso, pur non escludendo di essermi appisolato ogni tanto, l’ho trovato non sgradevole; ma a questo punto, secondo me, Malick dovrebbe decidersi a girare film muti e senza didascalie.
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