Regia di Terrence Malick vedi scheda film
Una storia d’amore.
Quante volte il cinema ha raccontato una storia d’amore. Tra un uomo e una donna. Due solitudini che s’incontrano e si fondono divenendo un tutt’uno: “io in te”,“tu in me”,“due”,“uno”. La nascita di un amore, la sua crescita, la sua evoluzione (con le sue impennate), la sua involuzione (con le sue cadute), il suo “prosciugarsi”, il suo spegnersi poco a poco.
Appassire e poi morire.
Terrence Malick in To the wonder racconta una storia d’amore. Il rapporto d’amore (non esente da tormenti) che nasce e quotidianamente viene vissuto tra un qualsiasi uomo e una qualsiasi donna della/sulla terra. I loro intimi sentimenti, le loro emozioni e sensazioni sono i sentimenti le emozioni e le sensazioni di ogni essere umano. Riportato come suadente voce fuori campo, è l’amore tradotto in pensiero a parlare, banale per quanto ovvio e scontato eppure da tutti indistintamente sperimentato, almeno una volta provato, vissuto, conosciuto. Chi può dire il contrario? Carico di autenticità, vigoroso e adamantino, resiste alla prova del tempo e alle trasformazioni più radicali; intatto e come nuovo si fa avanti ad ogni ricambio generazionale; sempre efficace, inequivocabile, commovente, seducente, tanto potente da fare paura. Appropriata la scelta degli attori protagonisti, perfetta incarnazione (nell’anima e nel corpo) della ‘parte’ maschile e di quella femminile: la forza e la grazia, la terra e il cielo, la concretezza e l’astrattezza, la realtà e il sogno, la rigidità e la flessuosità, la pesantezza e la levità. Attraverso un modo di ripresa a volo di rondine con virate improvvise proprie di quello di un aquilone, Terrence Malick rincorre infaticabile per tutto il tempo i suoi attori; li tallona, gli sta addosso, li avvolge in girotondi estatici, si sofferma sui volti e le loro sfumature, sulle movenze sinuose dei corpi per carpirne gli stati d’animo, registrarli e fissarli in un eterno attimo.
Magnetico, ipnotico, sublime.
Ascolta padre mio
io non lo/la voglio perdere
ti devo chiedere di più
sentirsi soli anche in due
è il vuoto più terribile
quando la sento piangere
vorrei darle anch'io di più
ormai siamo quasi arresi
ormai sempre più delusi
noi volevamo un po' di più
per noi
di più
per non sentirsi morti
tra gli scaffali di un supermercato
e gli oblò di una lavanderia
e poi picchiarsi in macchina
e lasciarsi in una via
il suo dolore è il mio
ma tu non guardi giù
e come lei/lui anch'io voglio di più
tu non mi ascolti e stai lassù
e ormai anche il mio grido è inutile
quando non vuole vivere
vorrei amarla/lo anch'io di più
ormai siamo cuori chiusi
ormai sempre più indifesi
noi vogliamo un po' di più
per noi
per cominciare a credere di più
per non sposarsi e subito dividersi
per questa gelosia di corpi fra di noi
per la monotonia
di più
vogliamo in questa vita di più
per questo amore fragile di più
che come un figlio abbandonato a un angolo
sta urlando per le vie
vogliamo l'impossibile
non altre profezie
perdona padre mio
se ascolti di lassù
ma il suo dolore è il mio
e ormai da te anch'io
voglio di più
(Beppe Dati-Paolo Vallesi)
testo originale: www.testimania.com paolo vallesi di più
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